I medici avvertono: boicotteremo l’eutanasia
Parla il presidente dell’Ordine dei medici: “La legge sulla dolce morte non potrà obbligarci ad andare contro la nostra deontologia”
Intervista di Giorgio Gandola per La Verità a Filippo Anelli, presidente dell’Ordine dei medici
Il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Filippo Anelli, si espone con una posizione coraggiosa sull’eutanasia. “La legge non può imporci di andare contro la deontologia”, spiega.”Il medico è custode della vita. Anche su richiesta del malato, non deve effettuare né favorire trattamenti finalizzati a provocare la morte”.
“La nostra missione è guarire, non uccidere. C’è un signore che non possiamo tradire: Ippocrate”. I fanatici dell’eutanasia avevano pensato a tutto. Al viaggio della buona morte, alle cannucce e alle siringhe, alla lobby radicale di trombettieri in Parlamento, ai testimonial del fine vita e alla letteratura favorevole. Ma proprio non avevano pensato ai medici che non hanno alcuna intenzione di essere trattati come esecutori passivi e pedissequi di un ordine da stalag 17. Ed è il presidente della Federazione della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Filippo Anelli, a rinfrescare a tutti la memoria con due concetti semplici e potenti: “La legge non può imporci di andare contro una deontologia che esiste da più di duemila anni”. “I medici sono sempre stati custodi della vita”.
Il presidente Anelli, eletto otre un anno fa con l’84,4% dei consensi, non si è limitato a esprimere questi concetti basilari in un convegno, ma ha preso carta e penna e ha scritto una comunicazione ufficiale a tutti i colleghi (nonché per conoscenza al Comitato di bioetica nazionale in parlamento) nella quale sottolinea che “ove il legislatore non ritenga più sussistente la punibilità del medico che agevoli in qualsiasi modo l’esecuzione del suicidio, restano valide e applicabili le regole deontologiche attualmente previste dal Codice”. In particolare l’articolo 17 dove si legge che “il medico, anche su richiesta del malato, non deve effettuare né favorire trattamenti finalizzati a provocare la morte”. Il signor Ippocrate, che da 2400 anni rappresenta la categoria, sarebbe contento.
D: Presidente, la sua lettera ha innescato una polemica furiosa.
R: Sono 2.400 anni che abbiamo un Codice che vieta da parte nostra arti a favore della morte, di conseguenza noi medici siamo sempre stati considerati custodi. Sappiamo che la società è cambiata e non vogliamo affrontare il problema sotto il profilo ideologico. Ma neppur rimanere attori passivi un passaggio epocale.
D: Cosa si aspetta dalla legge sul suicidio assistito che il Parlamento dovrà produrre su incitazione della corte Costituzionale entro l’anno?
R: Noi non facciamo politica. Ma abbiamo l’obbligo di chiedere che la dignità dell’uomo, anche nel momento supremo della sofferenza, continui ad avere un significato. La soluzione non è mai la morte, piuttosto bisogna mettere in atto quegli strumenti che leniscano la sofferenza del malato.
D: Ma i medici sono tutti uniti? Sul tema ci sarà una dialettica aperta.
R: Dopo tanti anni di esercizio, non possiamo avere posizioni ideologiche e non le abbiamo. Avvieremo un dibattito all’interno della categoria, la nostra posizione ufficiale non è certo in contrasto con il dettato della Costituzione quando nell’articolo 32 parla di diritto alla salute. Ci sono alternative al suicidio assistito.
D: E quali sarebbero?
R: Quello che noi pensiamo di offrire è una sedazione profonda che in qualche maniera riesce a fare superare gravi sofferenze e consente al malato di avviarsi a una fine naturale senza che venga violata la sua dignità.
D: Ai fautori dell’eutanasia non basta. Marco Cappato ha detto che lei è vittima di un delirio di onnipotenza.
R: Se fosse vero potremmo decidere noi tutto. Ma è il contrario, lui vorrebbe radicalizzare lo scontro, conosco la strategia. Noi non siamo politici ma uomini di scienza e vogliamo capire per dare risposte alle persone. Crediamo di essere in grado di darle.
D: La corte Costituzionale ha parlato chiaro: la legge va fatta.
R: La Consulta ha anche ravvisato ancoraggi normativi precisi. Deve riferirsi a una persona affetta da una patologia irreversibile e fonte di sofferenze fisiche o piscologiche intollerabili. Questa persona deve essere tenuta in vita per mezzo di trattamenti di sostegno vitali; deve essere in grado di prendere decisioni libere e consapevoli. È dentro questo alveo che va costruita la legge.
D: Cosa risponde a chi si appella alla libertà del cittadino di decidere la propria fine?
R: Accanto alla libertà di un cittadino deve esserci anche quella dell’altro cittadino, che in questo caso è un medico, nel rispetto delle sue convinzioni più profonde. Il primato della libertà non può valere solo a senso unico. E dare lamorte a una persona è esattamente il contrario del motivo per il quale il 100% dei medici ha scelto questa missione o professione che sia.
D: Ne fa un caso di coscienza?
R: Sul primato della coscienza non ho alcun dubbio: non può essere violata.
D: Potreste essere accusati per un arroccamento di casta.
R: Non avrebbe senso. Noi dobbiamo essere al servizio dei cittadini e dobbiamo farlo recuperando in pieno l’identità di medici. Non siamo semplici tecnici della salute, ma abbiamo un ruolo sociale che, nell’esercitare questa straordinaria professione, consente di promuovere il diritto costituzionale alla tutela della salute. Le pare possibile non sollevare l’argomento? Sarei preoccupato se fossimo in silenzio.
D: Si va verso un muro contro muro?
R: No, perché noi non abbiamo alcuna pregiudiziale a discutere. Massima disponibilità al dialogo. Se ci convinceranno della bontà delle tesi altrui ne prenderemo atto. Ma oggi il Codice funziona e i medici non possono dare la morte perché sarebbero altro.
D: L’Associazione Luca Coscioni sostiene che 650 persone sono pronte ad andare a morire in Svizzera.
R: Prendo atto e non commento. Dico solo che il progresso non è semplicemente cambiare, ma migliorare la vita degli esseri umani.
L’Associazione Luca Coscioni è una associazione no profit di promozione sociale. Tra le sue priorità vi sono l’affermazione delle libertà civili e i diritti umani, in particolare quello alla scienza, l’assistenza personale autogestita, l’abbattimento della barriere architettoniche, le scelte di fine vita, la legalizzazione dell’eutanasia, l’accesso ai cannabinoidi medici e il monitoraggio mondiale di leggi e politiche in materia di scienza e auto-determinazione.