I dati del monitoraggio fatto dall’Istituto nazionale di Sanità non sono aggiornati: si riferisce al 2004 infatti la mappatura regione per regione e tecnica per tecnica dei 5.400 bambini nati “in provetta”. In più si sa solo che i centri autorizzati e registrati obbligatoriamente ora sono 336 più altri 68 in via di certificazione. E solo tra due altri anni i dati saranno consultabili via Internet con anche una valutazione di qualità dei centri come succede ad esempio negli Stati Uniti.
Nel frattempo l’associazione onlus “Amica Cicogna” ha condotto uno studio su un campione di 500 coppie da cui emerge che dal 2003 al 2005 il numero degli aspiranti genitori che si è rivolto a centri esteri è andato progressivamente aumentando. Con una lievitazione notevole dei costi anche di 10mila euro a intervento, compresi i medicinali ma escluso il viaggio. In un solo centro spagnolo contattato dall’associazione italiana su 1300 interventi praticati, 350 venivano dal Belpaese. Filomena Gallo, presidente di Amica Cicogna e ora candidata della Rosa nel Pugno spiega che sono soprattutto le coppie dopo il primo tentativo andato a vuoto che cercano all’estero i centri dove si possono conservare gli embrioni congelati evitando nuove stimolazioni ovariche alla donna. In Italia questa la congelazione degli embrioni per l’impianto non è possibile con la legge 40. E questo è uno dei divieti che il referendum abrogativo voleva eliminare.
Ma ciò non significa che non esistano embrioni congelati e abbandonati. La Biobanca di Milano ne ha conservati 2.169, che però non può utilizzare o dare a laboratori di ricerca. Si tratta di embrioni “orfani” di cui non si sa cosa fare. E si tratta di un “patrimonio” inutilizzato la cui consistenza emerge solo ora dal monitoraggio certificato dall’Istituto Superiore di Sanità. Durante la campagna referendaria i fautori della legge 40 così com’è parlavano invece di 30 mila embrioni abbandonati nel periodo del “Far West” tra il 1997 – data dei primi interventi in Italia – e il 2004, data di entrata in vigore della legge.
Ma sui dati, c’è ancora una rovente polemica tra i due schieramenti referendari. I favorevoli alla modifica della legge e all’introduzione anche in Italia di tecniche di fecondazione eterologa come il ginecologo Carlo Flamigni, membro dei Comitato nazionale di bioetica, sono increduli sui dati che vengono dai centri registrati. Tanto che Flamigni chiede una verifica all’Istituto superiore di Sanità. Non gli torna ad esempio che le percentuali di successo delle tecniche di primo livello siano più alte al Sud e nelle isole maggiori (22,7) che al Centro (20,3) e al Nord (20,5 nel Nordest e 15,8 nel Nordovest). Così come che sempre al Sud siano tanto più alti i numeri assoluti di gravidanze realizzate con le tecniche consentite dalla legge. Anche perché la stragrande maggioranza dei centri per la riproduzione assistita sono situati nelle regioni del Nord, in testa la Lombardia dove ce ne sono 75. Più i 33 del Veneto, i 22 del Piemonte e i 3 della Liguria e 1 in Valle d’Aosta: pari a 268 centri su 336. «C’è qualcuno che bara?», è il dubbio di Flamigni.
Qualche ombra si appunta anche sui dati inviati all’Istituto Superiore di Sanità sulle percentuali di interventi riusciti: il 20 per cento risultano da inseminazione semplice il 25,5 da inseminazione in vitro e il 17 per cento da impianto di embrioni precedentemente crioconservati. In ogni caso la media di riuscita degli interventi realizzati in Italia – che è del 25,3 per cento – risulta assai più bassa della media europea, pari al 29 per cento. A maggio ci sarà una nuova scadenza per la consegna dei dati all’Iss. E allora forse sarà possibile verificare davvero se ha ragione oppure no il Movimento della Vita di Carlo Casini che definisce comunque «equiparabili» i risultati delle tecniche di fecondazione artificiale applicate prima dell’entrata in vigore della legge e dopo sia in termini di gravidanze ottenute sia di neonati nati vivi. Per ora gli strumenti di controllo appaiono assai scarsi. L’unico dato certo è che la maggior parte delle coppie si rivolge ai centri privati o convenzionati e non a quelli pubblici.
Giulia Scaravelli, responsabile del neonato Registro nazionale dei centri autorizzati, fa sapere che sono 3.705 i bambini nati grazie all’applicazione di tecniche di secondo e terzo livello, ossia di fecondazione in vitro, e 1.711 con inseminazioni intrauterine. In quest’ultimo caso, per il 36% dei bambini i genitori si sono rivolti a strutture pubbliche, il restante 63,9% proviene da centri privati o convenzionati. Analoghe preferenze anche per le fecondazioni in vitro ottenute nel 71,4% in centri privati, contro il 28,6% di richieste al pubblico.
Fecondazione, la legge compie 2 anni. Ma il bilancio non convince
di Red
Due anni e un referendum, la legge 40 sulla fecondazione assistita li ha passati entrambi. Il suo “compleanno” è il 10 marzo, tempo di bilanci. Da quando è entrata in vigore due anni fa è sicuramente aumentato il numero delle coppie che hanno fatto ricorso alle tecniche di fecondazione assistita ma essendone consentite solo alcune con la legge italiana è progressivamente aumentata anche la percentuale di coppie costrette a espatriare e a rivolgersi a centri esteri. I dati non sono stati censiti con esattezza.