ECCO LE CELLULE STAMINALI «PROGRAMMATE» (La Provincia Pavese)

<i>Nuova scoperta in Inghilterra. «Una conferma dei nostri studi», commenta Redi</i>

<b>18 Luglio 2003</b> – PAVIA – Cellule umane adulte sono tornate indietro nello sviluppo, una volta trasferite all'interno di un ovocita di rana diventando cellule staminali. E' il risultato ottenuto da uno dei pionieri delle ricerche sulla clonazione, John Gurdon: per la prima volta dimostra non solo che nell'ovocita esiste un laboratorio naturale capace di riprogrammare le cellule adulte, ma che questo laboratorio si è conservato di specie in specie nel corso dell'evoluzione della vita. «E' una conferma della via italiana per produrre cellule staminali indicata dalla Commissione Dulbecco», ha commentato Carlo Alberto Redi. Per lo stesso Gurdon, e il suo gruppo di zoologi e fisiologi dell'università britannica di Cambridge, «si tratta del primo passo verso l'obiettivo, a lungo termine,di mettere a punto un procedimento per riprogrammare in modo relativamente semplice cellule umane adulte in vista della terapia cellulare».
L'ovocita di rana, 5mila volte più grande di un ovocita di mammifero, ha permesso di manipolare agevolmente il nucleo della cellula umana adulta inserito al suo interno. I ricercatori hanno creato nell'ovocita di rana un ambiente tale che ha consentito al nucleo della cellula adulta di non cominciare a replicarsi, come accadrebbe in un normale trasferimento nucleare.
«La ricerca del gruppo di Cambridge è finora il sostegno più forte all'idea proposta dalla Commissione Dulbecco», ha osservato il professor Redi, direttore del laboratorio di biologi dello sviluppo dell'Università di Pavia, riferendosi ai lavori della commissione voluta dall'ex ministro della Sanità Umberto Veronesi.
«Si tratta di un dato veramente eccezionale – ha aggiunto Redi – ed è ormai il momento di concentrare grandi finanziamenti alle ricerche in questo settore». Diventa insomma realistico concentrare le energie nella caccia al gruppo di molecole riprogrammatrici, chiamato citoplasto. Individuarle e riprodurle in laboratorio, ottenendo così un citoplasto artificiale da utilizzare per riparare lesioni in modo non invasivo è già l'obiettivo inseguito da molti gruppi e istituti di ricerca nel mondo, fra i quali l'Istituto europeo di biogenesi (Ieben) promosso dallo stesso Redi.
«La ricerca del citoplasto – ha osservato Redi – non è più un' avventura rischiosa, ma una strada percorribile e che non pone problemi di natura etica, non richiede l'uso di ovociti e non è minimamente invasiva. Il lavoro di Gurdon dimostra che il citoplasto esiste e abbrevia la strada per arrivare a scoprirne la composizione».
Gli studiosi ritengono che questa «macchina del tempo» molecolare, attiva in tutti gli ovociti, possa essere un cocktail di fattori del quale potrebbero far parte sostanze come acido retinoico, insulina, triiodotironina, eritropoieina, per citarne solo alcune tra le più importanti.