Difesa dell’embrione. Serve “blocco europeo”.

Il giurista Luca Marini: «Indispensabili norme di diritto internazionale che tutelino la vita in modo chiaro e incondizionato. Anche al di là di eventuali divieti al finanziamento pubblico di ricerche che comportano la distruzione di embrioni umani»

«Dopo la posizione assunta dal ministro Mussi, è necessario che il Consiglio dei ministri Ue sappia ricostruire al suo interno la “minoranza di blocco”, altrimenti – spiega il giurista Luca Marini, docente di diritto internazionale e comunitario alla Sapienza e membro uscente del Comitato nazionale di Bioetica – saranno stravolti quei paletti etici che avevano caratterizzato il VI programma quadro comunitario di ricerca e sviluppo tecnologico». La proposta contenuta nel VII programma, invece, autorizza il finanziamento pubblico delle ricerche con l’utilizzo di cellule staminali embrionali. Riferendosi alle ricorrenti polemiche e in particolare alle tesi sostenute ieri da alcuni ricercatori favorevoli alla sperimentazioni sugli embrioni (vedere articolo qui sotto), Marini osserva: «Non si riesce a capire come si possa affermare che la legge 40, la quale vieta la sperimentazione sugli embrioni, legittimi la ricerca sulle cellule staminali embrionali. Ugualmente non condivisibile è l’interpretazione di chi ritiene che in Italia si possa fare ricerca su linee cellulari prodotte all’estero ed importate, una tesi che tra l’altro rivela, con l’esplicita volontà di eludere un precetto legislativo, un atteggiamento decisamente poco etico».

Quali erano i paletti etici del VI programma quadro che rischiano ora di saltare?

Non solo era vietato il finanziamento di ricerche volte alla creazione di embrioni per la fornitura di cellule staminali, ma nel suo ambito era stata anche adottata una moratoria sul finanziamento delle ricerche che implicassero l’utilizzo (e non la sola creazione) di embrioni. Una moratoria scaduta purtroppo alla fine del 2003, senza che nel frattempo le istituzioni comunitarie e gli Stati membri abbiano trovato un accordo per disciplinare giuridicamente la materia.

E dopo la fine del 2003 cosa è accaduto?

È rimasto in vigore il divieto di finanziamento relativo alle ricerche con creazione di embrioni. Ma la decisione su quelle con utilizzo di embrioni è tornata alla Commissione, che ha deciso caso per caso, al di fuori di qualsiasi quadro normativo e sulla base di non meglio precisati “principi etici”.

Qual è il problema di fondo?

L’esigenza di norme di diritto internazionale che tutelino la vita umana in modo chiaro, preciso e incondizionato, anche al di là di eventuali divieti al finanziamento pubblico di ricerche che comportano la distruzione di embrioni umani. Del resto, basti pensare che non tutti i Paesi vietano alle imprese private, che agiscono con fondi propri, le attività di sperimentazione che comportano la distruzione degli embrioni. Per superare questi limiti deve entrare in gioco il diritto internazionale.

Ad esempio?

La Convenzione di Oviedo sulla biomedicina, all’articolo 18, va ben oltre la problematica del finanziamento e vieta la creazione di embrioni a scopo di ricerca in quanto tale. Ma è anche vero che il divieto si indirizza solo agli Stati che hanno ratificato la Convenzione.

L’Italia è uno di questi?

È un punto sul quale riscontro una certa confusione. Il fatto è che il Parlamento ha sì adottato nel 2001 la legge di ratifica, ma il governo non ha mai provveduto a depositare tale ratifica presso il segretariato generale del Consiglio d’Europa, impedendo così che la Convenzione entrasse in vigore nel nostro Paese.

Il motivo?

La ratifica comprende anche il primo protocollo addizionale della Convenzione, che contiene un divieto assoluto di clonazione umana. Credo che questo divieto sia divenuto scomodo nel momento in cui sono apparse evidenti, per le grandi imprese, le prospettive dischiuse dalla sperimentazione sulle cellule staminali embrionali e dalla cosiddetta “clonazione terapeutica”.

Anche la Convenzione di Oviedo ha un punto debole?

A parte il divieto di clonazione e di creazione di embrioni per la ricerca, la Convenzione nulla dispone sull’utilizzo di embrioni a scopo di ricerca.

Le altre fonti del diritto comunitario?

La Convenzione di Oviedo, elaborata in seno al Consiglio d’Europa, costituisce un importante, anche se perfettibile, risultato. Meno garantiste appaiono le fonti comunitarie: in coerenza con gli scopi mercantilistici dell’integrazione europea, il Trattato di Roma assegna alla Comunità, in materia di ricerca scientifica, solo il compito di sostenere la competitività dell’industria europea, senza alcun riferimento alla salvaguardia di esigenze di interesse generale. A conferma di ciò, basti rilevare che al momento di inserire la Carta di Nizza nel Trattato costituzionale europeo, le disposizioni sulla tutela della dignità e dell’integrità degli “individui” sono state riferite alla “persona”, aprendo così il campo a tutte le presunte obiezioni filosofiche alla tutela della vita fin dal suo concepimento.