Dibattito sulla terapia del dolore nella sanità pubblica italiana (Carlo Troilo replica al Ministro Turco)

Non ho niente di personale contro Livia Turco (specie se penso che al suo posto potrebbe esserci Paola Binetti). Quando ho fatto riferimento alla vicenda Welby, ho anzi trovato giusto ricordare la solidarietà umana espressa con sincerità dal ministro; e ho anche precisato che le mie critiche – per quel poco che valgono – riguardano «più in generale il ceto politico italiano». Ma dalla morte di Welby è passato un anno: un tempo infinito per i 90 mila malati di cancro che in questi dodici mesi sono morti senza adeguate cure palliative: un tempo di torture cui mille malati terminali, nel corso di questo stesso anno, hanno scelto di porre fine togliendosi la vita (come ho già avuto occasione di ricordare, anche a seguito di una drammatica vicenda familiare, proprio su Il Riformista). Ora, colpita nel vivo dai dati riportati nel mio articolo, il ministro Turco replica fornendo a sua volta una serie di informazioni su quanto da lei già fatto (alcune cose sicuramente positive, oltre alla immancabile «commissione ministeriale») ed annuncia che «è in via di ultimazione» un «Piano nazionale per le cure palliative» (potremmo chiamare "annuncismo" l`altra faccia del "benaltrismo" dietro cui si trincerano i politici).

Ora, io penso che il ministro della Sanità non avrebbe dovuto attendere che arrivassero da uno scienziato dell`Ohio i dati (che il suo dicastero certamente possiede) che mettono l`Italia, in materia di terapia del dolore, al livello del Gabon. Avrebbe dovuto raccoglierli in un dossier e con quello presentarsi davanti alla stampa, al Parlamento e al Consiglio dei ministri chiedendo subito interventi massicci da realizzare con procedure di urgenza per ridurre le dimensioni di questa vergogna nazionale. E avrebbe dovuto indicare le fonti di copertura (essendo stato capo ufficio stampa di due ministri, so bene quanto è aspra la lotta per assicurare al proprio dicastero una fetta della esigua torta delle risorse finanziarie disponibili). Tanto per fare uno dei mille esempi possibili, avrebbe potuto proporre di abolire le comunità montane, almeno quelle che svettano tra gli zero e i duecento metri di altezza, e dedicare a una catena di Hospice i consistenti risparmi così realizzati. Gli italiani, quando se ne spiegano loro le ragioni e l`urgenza, accettano sacrifici e tagli. L`esempio che tutti ricordiamo è quello della legge finanziaria "lacrime e sangue" del primo governo Amato. Non protestammo nemmeno quando il governo mise direttamente le mani sui nostri conti correnti, perché ci era stato spiegato con chiarezza quale posta era in gioco: il default dell`Italia.

Su questo drammatico problema – la cui soluzione non può attendere piani a lunga scadenza – il ministro della Sanità non avrebbe dovuto esitare ad affrontare le resistenze degli altri politici (compresi i propri compagni di strada teodem), anche mettendo in gioco la propria personale posizione di potere. Ma per far questo servirebbero molto coraggio e una ferrea volontà politica, di cui francamente non vedo traccia in questo traballante e ondivago governo. Un`ultima notazione: il ministro ricorda che il caso Welby la toccò così profondamente «da farmi porre dubbi e dilemmi, rispetto alle mie certezze di credente, sul valore intoccabile e inalienabile della vita di ciascuno di noi, in qualsiasi momento e in qualsiasi circostanza». Rispetto, come ogni cittadino laico e democratico, le credenze religiose altrui. Ma ricordo che i ministri giurano sulla Costituzione, non sulla Bibbia.