E’ guerra a Oakland tra piccoli coltivatori diretti e imprenditori, dopo che il Consiglio comunale della città della California ha approvato un’ordinanza che consente di produrre marijuana su scala industriale. Grazie al provvedimento, quattro grandi imprese agricole otterranno la licenza per produrre marijuana a scopo terapeutico su larga scala, mentre nessuna disposizione o tutela è prevista per i piccoli coltivatori che attualmente riforniscono le farmacie autorizzate, con un volume d’affari pari a 28 milioni di dollari all’anno.
«Questo è un passo importantissimo – spiega Dale Gieringer, attivista del Norml, l’organizzazione che si batte per la legalizzazione della marijuana -. Per noi significa entrare finalmente nell’era delle attività su scala industriale e tutto ciò si trasformerà in un vantaggio per la nostra città». Più prudente è Steve DeAngelo, proprietario di Harborside Health Center, il principale distributore della città, che ha condotto una campagna per convincere il Consiglio comunale a inserire nell’ordinanza misure di tutela per i piccoli produttori.
«Questi coltivatori non sono persone prive di scrupoli che portano la criminalità nei nostri quartieri – spiega -. Sono onesti lavoratori che hanno fami- glie da mantenere». L’approvazione è giunta al termine di un acceso dibattito tra i coltivatori diretti, terrorizzati dal fatto che la proposta rischia di distruggere la loro unica fonte di sostentamento, e la lobby degli affaristi della cannabis, secondo i quali l’industrializzazione della marijuana consentirebbe alla città di creare nuova occupazione e aumentare gli introiti fiscali. Il provvedimento deve essere sottoposto a un altro scrutinio prima della votazione finale, ma sembra difficile che l’esito possa cambiare.
«Abbiamo la possibilità di diventare la Silicon Valley della cannabis», dice Jeff Wilcox, un uomo d’affari di Oakland che ha creato «AgraMed», un’azienda agricola con diecimila metri quadrati di coltivazione di «erba», un laboratorio e un forno dove produrre cibi a base di marijuana. La legge comunque non entrerà in vigore prima di gennaio, «così il Consiglio avrà il tempo di mettere a punto un piano per gli altri coltivatori», spiega Rebecca Kaplan, uno dei sostenitori del provvedimento. A risponderle è Nancy Nadel, consigliere scettico, secondo la quale si rischia di perdere in qualità. A far tremare i piccoli produttori è anche il previsto caro-licenze: per ottenere un permesso dal Comune servirebbero 211 mila dollari. Troppi per i coltivatori diretti, che più di tutti si sono battuti per la liberalizzazione della cannabis e oggi rischiano di essere le vittime della sua industrializzazione.