Biotestamento. Una legge contro la libertà

Notizie Radicali

 Doveva essere una legge sul testamento biologico per anticipare la propria volontà sui trattamenti sanitari in caso di coma profondo. È divenuta una legge contro il testamento biologico, dove la volontà dell’interessato non è tenuta in alcun conto. A decidere per lui non sarà neppure il medico, cui comunque la legge trasferisce il potere di decisione, perché nella maggior parte dei casi avrà già deciso la lettera della legge che stabilisce di non considerare terapie ma «sostegni vitali» (e quindi di fatto rendendoli obbligatori) gli interventi d’idratazione e alimentazione artificiali. È una scelta legislativa che aggira formalmente, ma in realtà stravolge, la lettera e lo spirito dell’articolo 32 della Costituzione («Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge», ma subito l’articolo aggiunge: «La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti al rispetto della persona umana»). Alla stessa maniera la legge viola il «consenso informato» richiesto per qualsiasi trattamento sanitario dalla Convenzione di Oviedo (Consiglio d’Europa, 1997, ndr), firmata dall’Italia e vincolante per il nostro paese.



 

Noi continuiamo a ritenere – e continueremo con tutti i mezzi praticabili a batterci – che questa scelta spetti esclusivamente all’individuo, alla sua libertà di coscienza e di autodeterminazione. Chiamare in causa Dio e la religione costituisce un’autentica bestemmia oltre che un’offesa alla pietas e alla carità. L’agenzia di stampa Nev (della Federazione delle chiese evangeliche in Italia) ha documentato la diversa posizione della Chiesa cattolica tedesca, che sul testamento biologico ha assunto una posizione che ciascuno di noi potrebbe sottoscrivere. Perché ciò che è giuridicamente ammissibile e lecito per un cattolico tedesco diventa invece inammissibile e illecito per la Chiesa italiana, e quindi per tutti gli italiani, cattolici e non? Nessuno può sostituirsi alla persona, decidendo per essa: non la Chiesa, non la legge, non i familiari, non il medico.

 

Siamo stati accusati da una campagna clericale di voler imporre una cultura di morte volta all’eliminazione delle persone in coma profondo definite, come lo fu Eluana, «disabili gravi». È vero il contrario. Noi ci siamo battuti e ci battiamo per la libertà di scelta della persona sempre e comunque, e quindi per il rispetto in primo luogo della scelta di coloro che decidono di continuare a vivere in coma profondo con mezzi artificiali. E con l’Associazione Luca Coscioni ci siamo battuti perché tutti i malati in queste condizioni, coscienti o in coma, e le loro famiglie siano assistiti dallo Stato con mezzi adeguati. Per i malati di Sla e per malattie analoghe a lungo siamo stati gli unici a chiedere che fossero messi a loro disposizione i mezzi tecnologici necessari, nella fase avanzata della malattia, per assicurare possibilità di comunicazione, incontrando spesso l’insensibilità e la resistenza delle istituzioni.

 

Anche il tabù dell’eutanasia è stato evocato in questa campagna clericale: il testamento biologico provocherebbe infatti una deriva inarrestabile verso la legalizzazione dell’eutanasia. Non c’è naturalmente alcun rapporto di causa ed effetto tra il primo e la seconda, e lo dice proprio chi, come noi, sostiene anche la legittimità del riconoscimento del diritto all’eutanasia attiva. Ma anche qui si è ricorsi senza alcuno scrupolo alla menzogna, scomodando il nazismo e falsificando i dati sulle leggi che l’hanno legalizzata in alcuni paesi. Chi conosce le leggi in Olanda, Svizzera o Belgio sa quali limiti rigorosi siano posti e quali accertamenti siano richiesti per il riconoscimento di tale diritto. Nessuno si preoccupa invece dell’eutanasia clandestina, che avviene nel chiuso degli ospedali, sulla quale, dopo un sondaggio effettuato su un campione di medici ospedalieri, abbiamo inutilmente sollecitato un’indagine parlamentare. E nessuno si preoccupa dell’alta percentuale di suicidi che si verifica fra coloro che sanno di essere stati colpiti da una malattia che non lascia speranze e che prevede solo una lunga sofferenza.

 

Ma lo scandalo più grande è costituito dal silenzio assordante che ha circondato e circonda il dibattito parlamentare intorno a una legge che incide profondamente su un diritto fondamentale dei cittadini: quello di disporre di se stessi e della propria vita, perché la morte fa parte della vita. Non uno dei tanti talk show urlati e rissosi è stato dedicato a questo argomento, i telegiornali vi hanno dedicato poca e scarna comunicazione burocratica. In forma rigidamente monopolistica il diritto di parola è stato riservato a una sola voce, quella dei vertici della Chiesa cattolica. E tuttavia i sondaggi dicono che la grande maggioranza degli italiani è schierata a favore del rispetto delle volontà espresse nel testamento biologico. Se si accendesse il dibattito, se si consentisse all’opinione pubblica di esprimersi, forse la legge, anche nell’attuale situazione parlamentare, incontrerebbe serie difficoltà ad essere approvata. E perfino la sconfitta avrebbe minore importanza perché, nel fisiologico funzionamento della legalità democratica (aspirazione purtroppo sempre delusa nella nostra Repubblica), la sconfitta di oggi sarebbe la premessa della vittoria di domani.


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