L’amniocentesi è, insieme con la villocentesi, l’unica tecnica di diagnosi prenatale in grado di darci informazioni certe sullo stato del patrimonio genetico del bambino. Essa si basa sul prelievo di liquido amniotico effettuato preferibilmente tra la 16 e la 18 settimana di gestazione. É stata introdotta per la prima volta nella pratica clinica nel 1966. Per oltre venti anni si è parlato di una percentuale del rischio aborto, dopo un’amniocentesi, pari all’ 1%. Percentuale che è stata giudicata, dagli addetti ai lavori, come anacronistica e non più applicabile ai giorni nostri.
Grazie a uno studio, iniziato nel 1999, è Chi è emerso che l’uso profilattico di antibiotici, qualche giorno prima di sottoporsi all’amniocentesi, determina un abbattimento di circa Diagnosi il 90% del tasso di Prenatale aborto, passando da 1 aborto ogni 500 donne (0,2%) ad 1 aborto ogni 3.400 donne (0,03%) che si sottopongono a questo tipo di esame prenatale.
Lo studio, terminato nel 2005, denominato Apga Trial, è stato pubblicato sulla rivista internazionale Prenatal Diagnosis. Vi hanno preso parte, tra gli altri, il dottor Pietro Cignini del Dipartimento di Diagnosi Prenatale del centro di diagnosi prenatale "Artemisia", il dottor Alvaro Mesoraca del Dipartimento di Genetica del medesimo Centro ed il Prof. Marco Cini del Dipartimento di Ingegneria dell’Impresa dell’Università di Tor Vergata di Roma che ha curato l’analisi statistica.
Si tratta dello studio più grande mai eseguito in tema di diagnosi prenatale e tutto rigorosamente italiano che conferma i dati di qualche mese fa dello European Perinatal Health Report: la Medicina Materno Fetale italiana è al primo posto nella qualità dell’assistenza materna ed è nei primi posti per l’assistenza perinatale! Durante lo studio abbiamo osservato circa 40 mila donne che si sono sottoposte ad altrettante amniocentesi presso il Centro di Medicina Materno Fetale "Artemisia" a Roma.
A questa ormai appurata innocuità dell’amniocentesi devono aggiungersi le nuove possibilità diagnostiche e terapeutiche offerte dal liquido amniotico. Se fino a qualche anno fa le uniche informazioni ottenibili erano su eventuali anomalie cromosimiche (la più conosciuta è la Sindrome di Down), oggi è possibile studiare centinaia di malattie genetiche associate a un correlato morfologico peculiare del feto grazie alla tecnica dei Cgh-microarrays.
Infine sul liquido amniotico si è aperta la nuova frontiera di ricerca inerente le cellule staminali largamente presenti in esso e capaci di dare origine, se opportunamente isolate e stimolate, a tutte le linee germinali cellulari di un organismo umano. Peraltro esse non presentando caratteristiche tumori gene, probabilmente oltre che nella produzione di tessuti rigenerativi saranno utili anche per un autotrapianto.
Giorlandino – Ginecologo, presidente della Forager Forum delle Associazioni di Genetica e Riproduzione