Sentenze che ne decretano l’illegittimità donne umiliate, meno figli. E’ una moratoria?
Evitate oltre 3 milioni e 300 mila interruzioni volontarie di gravidanza – di cui un milione di aborti clandestini. È questa il bilancio di 30 annidi legge 194. Meno bimbi e boom di viaggi della provetta all’estero, nonché una sfilza di sentenze di tribunale che ne certificano il fallimento. Questo invece il «risultato» di quasi 4 anni di legge 40. Eppure, di moratoria sulla «legge medievale» sulla fecondazione assistita – la legge dei no: soprattutto quello alla diagnosi preimpianto – nessuno parla. Due provvedimenti che riguardano direttamente la salute delle donne e la loro scelta di maternità. Due provvedimenti che funzionano in maniera «opposta». La 194 continua a far diminuire il numero di aborti – dai 235mila casi l’anno nel 1982 ai 20mila del 2006 – nonostante nei servizi pubblici, lo sottolinea l’Istituto superiore di sanità, siano obiettori il 60% dei ginecologi, il 46% degli anestesisti e il 39% del personale non medico. E nonostante il problema consultori: 914 al nord, 428 nell’Italia centrale, 514 al sud e 207 nelle isole. La legge e la sua piena applicazione: per questo il ministro Turco tra l’altro ha proposto tre quesiti agli esperti per meglio definire i limiti dell’aborto terapeutico, ovvero dopo i primi 90 giorni di gravidanza.
A rispondere sarà il Consiglio superiore di sanità a partire da una questione centrale: da quando inizia la possibilità di «vita autonoma» per il feto? Dall’altra parte il fallimento della legge 40. I giudici di Cagliari prima, quelli di Firenze poi e l’altro giorno quelli del Tar del Lazio hanno ribadito i limiti pesanti di quel provvedimento. Ribadendo soprattutto un punto: la prevalenza del diritto alla salute della donna così come sancito dalla Costituzione. E lecito ovvero rifiutare il numero obbligatorio di tre embrioni – come invece prescrive la 40 – se per esempio c’è il rischio di una gravidanza che può mettere a rischio la vita della madre. Salute, dunque. Ma anche dignità. 1 divieti della legge sulla fecondazione – da quello sull’eterologa, cioè al di fuori della coppia, a quello sulla sperimentazione e donazione degli embrioni, passando per quello sulla diagnosi preimpianto degli embrioni – hanno avuto conseguenza pesanti sulle coppie italiane. Dai rischi appunto legati all’impianto obbligatorio di tre embrioni alla questione dei viaggi all’estero, dove esistono leggi più avanzate ed umane. Le dimensioni del fenomeno, affermavano ieri Alessandro Di Gregorio, direttore del centro Artes di Torino che opera nel campo della riproduzione assistita dal 1982, e Luca Gianaroli, direttore scientifico del Centro Sismer sono impressionanti: «Le coppie che si recavano all’estero prima della legge 40 erano circa mille.
Solo un anno dopo della sua entrata in vigore sono quadruplicate. Oggi, grazie a questa normativa, almeno 25 mila coppie si rivolgono all’estero, con una spesa media di ottomila euro per ciclo a cui vanno aggiunte spese di viaggio, pernottamento e sostentamento. E sono soldi in meno per le casse italiane». Per non parlare della diminuzione delle gravidanze: nelle coppie con infertilità maschile nei passati 3 anni il numero di gravidanze a termine con successo si è ridotto dal 35,7 al 23,5% (oltre il 10% in meno sul totale). Nelle gravidanze in generale, il divieto di impiantare più di tre ovociti ha causato, per le donne con più di 35 anni, una riduzione del numero di gravidanze del 5-10%. Terzo effetto: nelle donne sotto i 28 anni il divieto di congelare gli embrioni ha costretto gli operatori, per avere più garanzie di successo, a impiantare insieme i tre consentiti dalla legge. Questo ha incrementato i parti gemellari dal 14 al 22% e i parti trigemellari dal 2 all’11%. Ed ecco perchè – dopo l’ultima sentenza che «bocciava» le linee guida sulla fecondazione dichiarando di fatto legittima la diagnosi preimpianto – sono centinaia le telefonate di coppie che arrivano alle associazioni che hanno promosso il ricorso al Tar del Lazio. «A chiamare – spiega Filomena Gallo, legale di "Amica Cicogna onlus" e "L’altra cicogna onlus" – sono coppie che stanno già tentando di avere un bambino in qualche centro all’estero ha aggiunto Gallo – e che ci chiedono se è possibile restare in Italia. Altre coppie, che non hanno i soldi per andare all’estero, ora vogliono sapere se le condizioni sono cambiate. Noi rispondiamo che i centri possono fare diagnosi preimpianto, non comporta nessun reato alla luce della legge 40».