Aiutare i malati di Alzheimer con la bambola terapeutica

L’Arena
Michele Pezzani

Stringerla fra le braccia, accarezzarla e accudirla come se fosse il proprio bebè è alla base della terapia della bambola (Empathy Therapy Doll) che si sta rivelando efficace nel trattamento dei pazienti di Alzheimer, la malattia che colpisce il sistema nervoso centrale e causa la progressiva demenza. Ne ha parlato alla casa d riposo Villa Monga il dottor Ivo Cilesi, nella conferenza «Una cura centrata sulla persona» in cui l’esperto in materia, nonché attivo in questo tipo di cura, ha approfondito l’argomento ad un pubblico non solo di operatori del settore. L’iniziativa è stata organizzata dall’Associazione Alzheimer Italia di Verona, diretta da Maria Grazia Ferrari, in collaborazione con il Comune, ed era il sesto di nove pomeriggi divulgativi iniziati a novembre, che proseguono fino al 7 febbraio, dedicati a alla patologi neurologica che continuerà ad essere sviscerata da diversi specialisti dal punto di vista psicologico, umano, ludico, tecnico e burocratico. I prossimi appuntamenti sono «Prevenzione, contenimento, limiti. Le prospettive della psicomotricità.», giovedì 24 gennaio con la dottoressa Antonia uccio, «Primo soccorso nell’arresto cardiorespiratorio», giovedì 31 gennaio, relatore Vanni Perticara, e «Musicoterapia- L’uso del linguaggio sonoro nella comunicazione terapeutica», giovedì 7 febbraio, con la dottoressa Stefania Eliotropio. «La malattia di Alzheimer toglie poco per volta alla persona colpita la capacità di comprendere il mondo circostante e di interagire», ha spiegato Ferrari. «Nei pazienti rimane però integra e forte quella spinta affettiva ed emotiva che parla mediante il corpo, e anche nelle fasi più avanzate. L’amore, la tenerezza e il contatto di una carezza sono benefici ineguagliabili che nessuna medicina può sostituire». Il pedagogista e psicopedagogista Cilesi ha aggiunto: «La bambola terapeutica nasce in Svezia alla fine degli anni ’90 ed stata ideata dalla psicoterapeuta Britt Marie Egedius Jakobsson che la pensò e realizzò per il suo bambino autistico. Da quel momento, vista l’efficacia dei risultati, è stata adottata sempre più in Europa ed il modello usato è quello Joyk costruita appositamente per stimolare l’empatia e le emozioni dei bambini e degli adulti». E bene specificare che la bambola utilizzata in questo tipo di terapia non è un giocattolo, ma un ausilio che ha sembianza di bambino o bambina e si chiama «bambola empatica» o «bambola terapeutica», perfezionata dalla Egedius-J acobsson e diffusa con lo scopo di aiutare i malati di Alzheimer e demenza senile a migliorare la loro qualità di vita e ad alleviare e alleviare i sintomi della malattia attraverso un approccio on farmacologico. La bambola stimola i sentimenti piacevoli, li evoca, e permette alle pulsioni di manifestarsi specie con il linguaggio corporeo. Il peso della bambola è distribuito nella parte posteriore del corpo, ha posizioni mobili delle gambe e delle braccia, misura50 centimetri, è morbida, naturale, lavabile, richiama la concentrazione con le sue fattezze ed ha tratti somatici simpatici, con uno sguardo che non lascia mai soli. L’affettività, intesa come modo per mettersi in relazione con l’interlocutore è insomma la forza di questo metodo che può far risvegliare la memoria remota nel paziente e di conseguenza farsi che riversi il proprio affetto sulla bambola- persona. La terapia della bambola intende ridurre i disturbi del comportamento e dell’umore che sono insonnia, l’inversione del ritmo sonno-veglia, agitazione e nervosismo, aggressività, ansia, paura, apatia e depressione. «L’Empathy Therapy Doll Doll Therapy è stata adottata in alcuni Centri Alzheimer Italiani, a Brescia, Bergamo, Torino, Padova e Firenze, affiancata ad altre terapie non farmacologiche, laboratori d’arte e di musicoterapia», specifica Ferrari, «e auspichiamo anche a Verona».