Viva la Vita Onlus intervista Nicola Vanacore, uno degli autori dello studio epidemiologico commissionato dal procuratore Guariniello.
Esiste un rapporto tra calcio e SLA? La grande disinformazione di questi anni rischia di banalizzare la reale portata dei risultati di una ricerca tutta italiana che vuole rispondere a questo interrogativo. Ma di più: segnali inequivocabili indicano che il rischio di contrarre la SLA tra i calciatori è in forte ascesa ma la ricerca è colpevolmente immobile. Perché?
Viva la Vita Onlus, associazione di familiari e malati di SLA, ha voluto rispondere a questi interrogativi intervistando Nicola Vanacore, ricercatore neuro epidemiologo del Centro Nazionale di Epidemiologia e Sorveglianza della Salute dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ed autore, con altri, di uno dei due studi epidemiologici sul tema commissionati dal procuratore aggiunto di Torino, Raffaele Guariniello.
È del 1998 l’indagine giudiziaria commissionata da Guariniello in cui vennero eseguite due perizie di tipo epidemiologico per verificare se tra i calciatori professionisti il doping potesse aver causato un rischio maggiore di contrarre la SLA. La prima perizia venne eseguita dal gruppo di ricercatori guidato da Adriano Chiò dell’Università di Torino e fu condotta su circa 7mila calciatori delle serie A e B; la seconda invece venne commissionata ad un gruppo di ricercatori dell’ISS guidata da Stefano Belli su un campione molto più ampio di 24mila giocatori delle serie A, B ed anche C. Entrambi gli studi mostrarono un alto rischio di SLA nei calciatori professionisti italiani, di 7 volte maggiore nella ricerca di Chiò e di 11 in quella di Belli. Ma lo studio dell’ISS ha analizzato anche tutte le altre cause di morte riscontrando, ad esempio, un eccesso di alcuni tumori all’apparato digerente di circa 2 volte in più rispetto alla popolazione generale. L’inchiesta giudiziaria ha quindi consentito di mettere in luce un fenomeno tanto inatteso quanto estremamente utile per tentare di comprendere le cause che generano la SLA, tuttora ignote. In medicina – precisa Vanacore – c’è una regola molto semplice: se si studiano i fenomeni rari si comprende l’origine dei fenomeni più frequenti, e quindi la ricerca sui calciatori professionisti è estremamente utile per tutto il resto della comunità.
La ricerca però si è incredibilmente arrestata. Sono state formulate delle ipotesi sulle cause che, però, rimangono tali fintanto non si approfondiscono gli studi, ma in Italia dal 2005 non c’è stato nessun bando di ricerca destinato alla comprensione del fenomeno dell’eccesso di SLA tra i calciatori.
La malattia è complessa e con predisposizione genetica e, probabilmente, per scoprire le origini di questo fenomeno non ce la farà mai un unico ricercatore competente in un solo ambito, ma è necessario condividere gli studi e unire le forze. Tutto ciò non è mai accaduto.
La FIGC ha meritoriamente istituito una Commissione scientifica per sostenere la ricerca sulla SLA con l’intento di chiarire in modo definitivo i possibili rapporti tra la patologia e l’attività calcistica. Quindi sembrerebbe che gli studi siano andati avanti, ma la realtà è che la FIGC ha finanziato un importante lavoro sul polimorfismo del recettore dell’acetilcolina che, però, non ha nulla a che vedere con il rapporto tra calcio e SLA.
In questo contesto, il risultato più sorprendente e mai evidenziato dagli organi di informazione è un altro: l’aggiornamento dello studio di Chiò del 2009 commissionato da Guariniello, assolutamente attendibile, rileva un rischio invariato pari a 7 volte di più; l’ISS, invece, ha intercettato un forte aumento imprevisto. In 36 anni di rilevi, su 24mila giocatori delle serie A, B e C sono emersi 8 casi di decesso per SLA che hanno portato a stimare l’aumento del rischio tra i calciatori professionisti pari a circa 11 volte; ma nei successivi 8 anni incredibilmente risultavano altri 16 casi.
«Non è stato possibile stimare l’aumento del rischio dei successivi 8 anni per mancanza di dettagliate informazioni, ma è altamente probabile che abbiamo intercettato l’inizio di una curva epidemica – dichiara Vanacore -. Abbiamo per le mani uno dei più grandi cluster della storia della medicina, con un fenomeno molto probabilmente in aumento, una sorta di esperimento naturale che è avvenuto o sta ancora avvenendo e nessuno muove un dito.»
È quindi intuibile che una quota rilevante di calciatori affetti da SLA provenga dalla serie C: concentrare l’attenzione solamente sulle serie A e B può essere un grave errore.
Oggi un gruppo dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’Istituto Superiore per la Sicurezza e la Prevenzione del Lavoro, guidato da Vanacore, ha deciso di ripartire da zero ricostituendo il cluster con gli album delle figurine Panini e mettendo da parte, quindi, il lavoro fin qui svolto poiché condotto nell’ambito di un’inchiesta giudiziaria i cui dati sono coperti da segreto istruttorio. Ma il problema vero è il finanziamento di questa ricerca per la quale, ad oggi, non c’è interesse e quindi non vi sono risorse.
È un’occasione d’oro che ci sta passando sotto il naso, e più passa il tempo e peggio è.
L’intervista completa al dr. Vanacore è sul sito di Viva la Vita Onlus all’indirizzo http://www.wlavita.org/08_ufficiostampa/CS/Intervista_Vanacore.html