La fecondazione assistita dopo la sentenza della Corte Costituzionale: nuovi spazi e nuovi problemi

Resoconto del Convegno del 3 luglio, all’Università Statale di Milano, sulla fecondazione assistita dopo la sentenza della Corte Costituzionale, di Rossella Bartolucci Presidente Sos Infertilità Onlus.

Grazie al convegno tenuto oggi all’Università Statale di Milano si è fatto un passo in avanti nel dialogo tra giuristi, medici, associazioni di pazienti volto a definire le applicazioni della sentenza 151/2009 della Corte Costituzionale che ha parzialmente modificato la Legge 40/2004 in materia di procreazione medicalmente assistita.

I lavori del mattino si aprono con i saluti della Prof. Nerina Boschiero, Direttore del Dipartimento di Diritto Pubblico, processuale civile, internazionale ed europeo, dell’Università Statale di Milano, la quale afferma che “la legge è per definizione sempre vecchia, mentre la scienza è in continuo movimento” e con le riflessioni del Prof. Valerio Onida, Presidente emerito della Corte Costituzionale, che presiede i lavori della prima sessione. Il Prof. Onida, a proposito della sentenza, ritiene che essa abbia operato un bilanciamento dei diritti fondamentali di soggetti diversi, laddove la Legge 40, troppo rigida nelle regole che dettava, non lo consentiva. “Non si può naturalmente ritenere che la scienza sia totalmente svincolata da qualsiasi legge, ma nemmeno può essere la legge a guidare la scienza”, afferma Onida. E’ il Prof Guido Ragni, Fondazione Policlinico Mangiagalli, a dare la prima impronta medica all’evento lanciando una provocazione, con il suo titolo “Il medico tra legge e coppie infertili: un vaso di coccio?”; il Prof. Ragni, dopo aver lanciato i nuovi dati sul turismo procreativo internazionale pubblicati dall’ ESHRE – European Society of Human Reproductive Embriology – con l’Italia in testa alla classifica per numero di coppie migranti, con il suo 30%, lamenta una eccessiva quanto cattiva informazione ottenuta da tante coppie su internet che le porta, invece che ad affidarsi al medico, a decidere loro e pretendere certi tipi di cure piuttosto che altri, in particolare adesso con le nuove ansie e speranze suscitate dalla sentenza.

Le sue affermazioni saranno riprese nella tavola rotonda del pomeriggio da Rossella Bartolucci, Presidente di Sos Infertilità Onlus, una delle associazioni che hanno promosso il ricorso della coppia che ha poi condotto alla decisione della Corte, che concorda con Ragni sull’eccessiva fiducia che gli infertili nutrono nel mezzo informatico, anche notando come la platea odierna sia vuota dei soggetti interessati, cioè dei pazienti, i quali, appunto, “preferiscono polemizzare su internet all’ombra di un nickname piuttosto che venire di persona a reperire le informazioni fondamentali per loro”, afferma la Bartolucci, mostrando poi al pubblico e ai relatori la reale confusione in cui versano le coppie, attraverso delle slides che riportano le domande sulle applicazioni della sentenza che giungono quotidianamente all’associazione: quanto ovociti si feconderanno? Si potrà davvero crioconservare? E se sono talassemico, posso fare diagnosi preimpianto? E a queste domande, le due costituzionaliste docenti di Diritto Costituzionale alla Statale di Milano, Prof. Lorenza Violini e Avv. Prof. Marilisa D’Amico provano a rispondere. “Ritengo che questa sentenza, che incide sulle eccezioni già presenti nella legge, non sia immediatamente applicativa ma costituisca un’indicazione al Legislatore perché intervenga sul tema”, afferma la Violini, che considera altresì eccessivamente pendente verso la donna piuttosto che verso l’embrione il nuovo bilanciamento di interessi proposto dalla Corte.

Di opposto parere la D’Amico, avvocato costituzionalista del Collegio Legale Nazionale che ha seguito il ricorso fino in Corte contribuendo con il suo lavoro ad individuare le maglie deboli della Legge, la quale ritiene la sentenza, in quanto manipolativa, direttamente e immediatamente applicativa e afferma “La Corte, a fronte di un bilanciamento irrazionale compiuto dal legislatore, ne configura uno nuovo. La Corte è intervenuta per correggere la scelta ideologica contenuta nella legge 40, che stabiliva rigidi limiti e automatismi che impedivano una valutazione da parte del medico sui singoli casi concreti. Inoltre la Corte ha ritenuto implicitamente che la Dgp sia lecita”. Interviene sul tema dell’applicabilità della sentenza il Prof. Onida che, togliendo ogni dubbio, conclude che “La nuova norma è quella riscritta dalla Corte, quella originale non esiste più”. Sulla Diagnosi Genetica Preimpianto – Dgp – fa il punto il Dott. Antonino Guglielmino, direttore dell’Unità di Medicina della Riproduzione della Fondazione Hera di Catania con una presentazione che ci dice quante sono le coppie che ne necessitano – 21.763 casi al mondo, con 3929 bambini nati – circa 3000 malattie genetiche e 2,5 milioni di italiani portatori sani di beta talassemia, 1 su 27 portatore di fibrosi cistica – e che interviene con forza a spiegare una volta per tutte che “la Dgp non è eugenetica – definendo l’Organizzazione Mondiale della Sanità eugenetica “una politica coercitiva che usa l’obiettivo riproduttivo contro i diritti, le libertà e le scelte individuali” ma genetica che “ha l’obiettivo di migliorare la vita degli individui e delle famiglie” – Reviews of Ethical Issues in Medical Genetics WHO, 2003 – ; per non parlare di cosa la Convenzione di Oviedo, 1997, Art 12, par. 83 dice della Dgp “Non ci sono limitazioni al diritto di eseguire interventi diagnostici sull’embrione per verificare i caratteri genetici ereditari che conducono a malattia grave nel futuro bambino”.

Guglielmino conclude il suo intervento così : “E’ necessario chiarire che la Dgp è legale nel nostro Paese, dire chiaramente ai centri italiani di cominciare a fare la Dgp e rassicurare gli italiani sul fatto che la Costituzione e le sentenze devono essere rispettate da tutti anche dal governo e dai suoi ministri”. Un invito immediatamente raccolto dal Prof. Onida: “La Diagnosi genetica preimpianto è assolutamente prevista, e lo era anche nella legge prima della sentenza. Quello che è vietato è la manipolazione ovvero la mutazione del patrimonio genetico, fatta eccezione quando questo avviene a scopo terapeutico”. E’ la Dott.ssa Eleonora Porcu dell’Università di Bologna a tracciare una storia della procreazione assistita, da Louise Brown ad oggi, per comprendere assieme il perché di scelte come la crioconservazione degli embrioni che, afferma la Porcu “è nata per salvare gli embrioni soprannumerari, non per distruggerli” e come il fecondare tutti gli ovociti disponibili dopo una stimolazione ormonale, scelta che si è cominciato a fare “per aumentare le possibilità di gravidanza di una tecnica altrimenti poco efficiente, con un solo ovocita”. La D.ssa Porcu, secondo la quale “non si tratta di una sorta di gara ideologica, ma di guardare la realtà dei fatti senza demonizzazioni”, presenta i dati di uno studio compiuto nel suo centro su circa 200 coppie, secondo i quali non ci sono differenze statisticamente rilevanti tra le coppie che hanno potuto congelare embrioni, prima della Legge 40, e quelle che hanno congelato ovociti”.

Denuncia poi il fatto che il 49% dei centri italiani non è in grado di congelare alcunché, né embrioni né ovociti. Argomento ripreso e condiviso nel pomeriggio dal Dott. Paolo Emanuele Levi Setti che suggerisce una selezione dei centri in base a precisi e rigorosi criteri di qualità. Levi Setti, Direttore dell’Unità di Medicina della Riproduzione degli Istituti Clinici Humanitas di Rozzano (MI), apre la tavola rotonda proiettando e commentando i dati del suo centro relativi ai risultati in termine di gravidanze pre e post Legge 40, dati secondo i quali c’è stata una perdita di gravidanze reali di più del 12% dopo la Legge e un aumento considerevole di pericolose gravidanze trigemine. Ancora un medico ad aggiungere contenuti alla tavola rotonda, la Dott.ssa Alessandra Vucetich, Tecnolab S.r.l., che molto si è battuta insieme ai legali e alle associazioni per arrivare alla sentenza, la quale racconta di come i centri della Lombardia, avendo anche sottoscritto un documento comune, si siano adeguati alla nuova norma. L’Avv. Maria Paola Costantini del Foro di Firenze e del Collegio di Difesa Nazionale delle coppie, che segue la questione Legge 40 già dagli albori della sua approvazione ricorda che un punto fondamentale ancora mancante, che questa sentenza della Corte né una recente sentenza del Tribunale di Bologna hanno risolto, è quello dell’accesso alla Dgp delle coppie fertili ma portatrici di malattie genetiche gravi. “Le coppie infertili non vogliono il figlio biondo con gli occhi azzurri, come spesso siamo costretti a leggere, non intendono certo fare dell’eugenetica, ma vogliono solo avere il diritto di provare ad avere un figlio, senza alcuna caratteristica predeterminata se non quella di non soffrire di una grave malattia genetica”, afferma, forte della sua esperienza personale, Il Dott. Francesco Gerardi, Presidente dell’associazione Hera Onlus di Catania, un’altra delle associazioni che ha promosso i ricorsi.

Ancora un parere legale, quello dell’ Avv. Sebastiano Papandrea, del Foro di Catania e del Collegio Nazionale, secondo il quale, tra le altre cose “la Corte ha ribadito il valore costituzionale della libertà del medico quale unico soggetto responsabile dell’applicazione delle conoscenze scientifiche e della scelta del trattamento sanitario più adeguato alle condizioni del paziente e ampliata, in forza della declaratoria di illegittimità dei limiti dell’art. 14 comma 2, la possibilità di ricorrere alla crioconservazione degli embrioni, anche in deroga al divieto disposto dall’art. 14 comma 1”. Cittadinanzattiva Tribunale per i Diritti del Malato, anch’essa promotrice dei ricorsi, partecipa alla tavola rotonda nella persona della Dott.ssa Anna Vittori che mette a disposizione la rete della sua associazione alle associazioni di pazienti infertili, presenti e non, perché si facciano protagoniste di un osservatorio dal punto di vista del paziente sulla selezione dei centri secondo standard qualitativi proposta dai medici. Segue un intervento dell’Avv. Irene Pellizzone, assistente dell’Avv. Prof. Marilisa D’Amico che fa alcune precisazioni sull’aspetto delle sanzioni penali previste dalla Legge 40. Dopo i saluti inviati dall’Avv. Filomena Gallo, che non è potuta intervenire personalmente, concludono i lavori l’Avv. Ileana Alesso e l’Avv. Massimo Clara del Foro di Milano e del Collegio Nazionale che tratteggiano la storia dei ricorsi contro la Legge 40, individuando le pietre miliari che hanno condotto alla sentenza della Corte, tra cui la sentenza del T.A.R. Lazio del 2008 e le ordinanze del Tribunale Civile di Firenze. Ricordano in chiusura i due avvocati che fu proprio un giudice costituzionale a dire che “La Corte Costituzionale ha come scopo quello di proteggere la democrazia da se stessa” – Sandulli A.M., Giurisprudenza costituzionale, 1968, III ss -.