Diventano quindi 110 i professori e ginecologi responsabili dei centri di fecondazione assistita che hanno scritto a Ciampi per chiedere modifiche immediate alla legge 40 in Parlamento; l’unica possibilità alternativa – dicono – sarà il ricorso alla magistratura e disobbedienze civili. Roma, 20 giugno 2005 110 tra professori e ginecologi hanno voluto firmare una lettera aperta al Presidente della Repubblica Ciampi, molte delle ultime firme giungono da ginecologi, medici e professori impegnati nel campo della medicina riproduttiva riuniti a Copenaghen per un incontro internazionale.
La lettera, fortemente critica della legge 40, era stata resa pubblica – durante l’Assemblea dei mille "Da ora: che fare?" promossa a Roma dai referendari – dal prof. Allegra, direttore del centro di fecondazione assistita Andros di Palermo. "Oggi sentiamo che il nostro lavoro" si legge tra l’altro nella lettera "è divenuto pressoché impossibile da svolgere se non pagando un prezzo inaccettabile: tradire il giuramento di Ippocrate e principalmente il buon senso di padre di famiglia". I punti della legge 40 in contrasto con la deontologia medica sono: il divieto di ricorrere alla fecondazione assistita per le coppie fertili anche se portatrici di malattie trasmissibili, come l’aids; l’obbligo di trasferire tutti gli embrioni prodotti in un unico contemporaneo impianto, anche nel caso di rischi di gravidanze trigemine; il divieto di selezionare gli embrioni da impiantare qualora, a seguito di una diagnosi preimpianto, risultassero malati, in presenza della volontà della coppia di ricorrere all’aborto terapeutico in caso d’impianto. Secondo gli estensori della lettera, la cui firma è aperta a rappresentanti di centri di fecondazione e operatori del settore, in caso di mancato intervento del Parlamento sulla legge 40, i medici che non vogliano violare la propria deontologia professionale non avranno altra scelta che quella di andare a lavorare in un altro Paese, o di chiedere alla magistratura di intervenire, e in tal modo provare ad attuare una disobbedienza civile alla legge 40, rispettando così nel loro operato la prudenza, la perizia e la diligenza. "Su quest’ultima scelta" affermano gli estensori "abbiamo avviato un lavoro comune e saremo presto in grado di definire le azioni che insieme intraprenderemo. Non vogliamo certo eludere la legge o ingannarla. Piuttosto sentiamo l’urgenza di affermare, assumendocene in toto la responsabilità, il rispetto di una legge superiore, che riguarda la lettera della Costituzione, i nostri principi deontologici e la nostra coscienza".