Secondo il professor Fabrizio Starace, presidente SIEP e consigliere generale dell’Associazione Luca Coscioni, “il 50% avrà disturbi emotivi”. Per questo occorre prepararsi al post epidemia.
Il professor Starace è intervenuto al primo incontro pubblico online promosso sabato 21 marzo dall’Associazione Luca Coscioni, visualizzato da oltre 25.000 utenti. Il secondo è previsto per sabato 28 marzo 2020 (ore 10:00), sempre in diretta Facebook e You Tube sulle pagine dell’Associazione Luca Coscioni.
Il Professor Fabrizio Starace – Presidente della Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica (SIEP) e consigliere generale dell’Associazione Luca Coscioni – è intervenuto nel corso del primo degli incontri pubblici online tema Covid-19 promossi dell’Associazione Luca Coscioni, che ha coinvolto oltre 25.000 utenti (tra Facebook e You Tube). Vi hanno partecipato alcuni tra i più importanti scienziati, accademici e giuristi italiani, insieme a Parlamentari e tanti cittadini (il secondo atto è previsto sabato 28 marzo, ore 10 in diretta sempre sulle pagine Facebook e You Tube dell’associazione).
Starace ha contribuito in maniera significativa all’innovazione organizzativa e gestionale nel sistema di cura per la salute mentale in Italia, tema dunque al centro dell’intervento sulle conseguenze psicologiche del Coronavirus su persone a rischio, sui positivi, ma anche sugli operatori, che stanno pagando tributo enorme in termini di vite stroncate e livelli di stress ai limiti della tollerabilità. Ne ha discusso con Filomena Gallo, Marco Cappato e il Prof. Michele De Luca, vertici dell’associazione che si batte per le libertà civili e di ricerca e autodeterminazione.
– La popolazione –
In questo delicato periodo storico viene meno la cosa più importante: il “darsi una mano” e il sostenersi reciproco. L’impatto sulla salute mentale colpisce tutta la popolazione, non abituata agli effetti che le costrizioni e le misure restrittive stanno avendo sulla popolazione, insieme alla continua esposizione a informazioni e notizie che colpiscono significativamente la parte emotiva. Questo ha un effetto deflagrante in ciascuno di noi destinato prima o poi a emergere, in particolare coinvolge chi già viveva un momento di fragilità, dovuto magari a una situazione instabile, che può degenerare in disturbi emotivi, manifestazioni di ansia e depressione.
– I sintomatici –
I sintomatici vengono totalmente isolati dal loro contesto, in solitudine, divenendo facile preda di sensi di colpa dovuti al contagio di altre persone. Accanto alla possibilità di verificare quotidianamente le condizioni fisiche delle persone, andrebbero verificate anche le condizioni psicologiche di chi è in quarantena. Secondo la letteratura oltre il 50% di chi vive in isolamento poi sviluppa disturbi emotivi che incidono significativamente sulla risposta fisica al virus.
Bisogna offrir loro un sostegno. Diversi organismi si stanno attivando in questo senso: la società che presiedo ad esempio ha pubblicato, in assenza di indicazioni istituzionali, delle istruzioni operative e organizzative, nel tentativo di proteggere le fasce più vulnerabili. Basti pensare che solo i pazienti psichiatrici in cura con i nostri servizi sono oltre 850 mila, i cui percorsi terapeutici oggi sono tutti sospesi. Occorre attivare modalità per mantenere un contatto continuo e costante con queste persone, non interrompere visite e l’approvvigionamento farmaci, evitando al contempo il far aumentare percezione di discriminazione nei confronti di queste persone che già si sentono discriminate.
– Gli operatori –
Poi ci sono gli operatori, chiamati ogni giorno a fronteggiare situazioni molto provanti, cui vanno forniti oltre ai presidi “fisici” anche dispositivi di protezione emotiva, psicologica. Un sostegno on demand riservato a chi chiede via telefono o via e-mail di essere aiutato. Bisogna offrire risposte. Iniziative come corsi online per la gestione dello stress, counseling a richiesta, possono essere utili ma hanno target molto limitato. Più efficaci e invece sarebbe l’allestimento di zone relax e decontaminazione emotiva nei luoghi stessi di lavoro, dove gli operatori possono soddisfare le loro esigenze primarie e disporre di strumenti e protocolli di gestione che garantiscano sicurezza verso pazienti non collaborativi.
Inoltre si rende necessario costruire un ponte tra i servizi pubblici e privati per evitare azioni duplicate, come risulta necessario consentirgli di condividere, con persone vicine e familiari, le loro ansie e le preoccupazioni.
– Il ruolo del terapeuta –
Non è sufficiente un intervento blando al fianco di queste figure, come una sola telefonata. Bisogna negoziare e condividere con loro e con i famigliari le ansie e le preoccupazioni, individuando le aree di intervento da sostenere alleviando il peso psicologico. A maggior ragione sulle persone in quarantena, il progetto dev’essere ancora più intenso.
Occorre inoltre programmare sin da oggi il post epidemia, senza cadere nell’errore di sottovalutare le evidenze scientifiche a disposizione, prevedendo gli interventi e le patologie che sicuramente si manifesteranno sotto forma di disturbi post traumatici da stress.
L’Associazione Luca Coscioni è attiva in questi giorni nella condivisione e promozione della conoscenza attraverso la pagina del sito dedicata allo SPECIALE CORONAVIRUS, che ospita i podcast e il chatbot che risponde alle domande degli utenti
L’Associazione Luca Coscioni è una associazione no profit di promozione sociale. Tra le sue priorità vi sono l’affermazione delle libertà civili e i diritti umani, in particolare quello alla scienza, l’assistenza personale autogestita, l’abbattimento della barriere architettoniche, le scelte di fine vita, la legalizzazione dell’eutanasia, l’accesso ai cannabinoidi medici e il monitoraggio mondiale di leggi e politiche in materia di scienza e auto-determinazione.