Pubblichiamo il comunicato dell’Associazione Famiglie Sma, in cui viene chiesto al Ministero di assumersi fino in fondo la responsabilità di imporre la sperimentazione ufficiale di una terapia incerta, e di tutelare le famiglie coinvolte.
Pur esprimendo grande soddisfazione per la consegna del protocollo che potrebbe dare l’avvio della sperimentazione nazionale del “Metodo Stamina”, non possiamo che rimanere sorpresi, comunque nel rispetto delle sofferenze di tutti gli ammalati, per l’annuncio delle tre patologie tra le quali verrà selezionata probabilmente l’unica su cui si monitoreranno i potenziali miglioramenti.
Davide Vannoni ha più volte utilizzato l’atrofia muscolare spinale – malattia genetica che colpisce fin dalla nascita o in tenera età, principale causa genetica di morte sotto i due anni di vita – per “lanciare” la presunta cura che con la sua fondazione dichiara di avere scoperto. La trasmissione televisivaLe Iene gli ha permesso di diffondere la notizia e, in seguito all’intervento della giustizia che ne ha bloccato la somministrazione per mancanza di validazione scientifica, Vannoni ha dichiarato che chiunque blocchi la sua terapia condanna a morte bambini – affetti da SMA1, il tipo più grave di SMA – che non avrebbero secondo lui altra via d’uscita.
L’associazione Famiglie SMA, la principale associazione italiana di genitori di bambini e di adulti affetti da atrofia muscolare spinale, accusata dallo stesso Vannoni di ostacolare l’accesso al suo metodo, ha come scopo principale quello di sostenere la ricerca scientifica di una cura risolutiva della SMA. La perplessità rispetto alla Fondazione Stamina si riferisce alla sua mancanza di validazione scientifica e alla resistenza nel rendere pubblici i protocolli di cura. Per questo l’associazione, interrogata dal Ministero, si è sempre espressa con parere favorevole a una sperimentazione ufficiale a cura dell’ISS (Istituto Superiore della Sanità).
All’interno dell’associazione, alcune famiglie hanno scelto di sottoporre il figlio alla terapia controversa. Come ha spiegato un genitore, intervenuto al convegno nazionale dell’associazione dello scorso giugno, si tratta di una decisione disperata: «Le stiamo provando tutte, non sappiamo cosa è giusto, abbiamo paura. E se andrà male? Ma se andasse bene?». Questi sono i sentimenti profondi con cui gioca un metodo che non si pone con chiarezza.
Oggi Famiglie SMA ritiene di trovarsi davanti all’ennesima beffa: perché proprio il protocollo clinico sull’atrofia muscolare spinale non è stato consegnato? La Kennedy, definita dai media SMA5, non ha niente a che vedere con l’atrofia muscolare spinale, non si cada nell’equivoco. Fondazione Stamina ha dichiarato più volte che la SMA 1 è l’unica malattia su cui esistono presunti dati “scientifici” già disponibili dal momento che ci sono bambini sottoposti a infusioni da oltre un anno, con miglioramenti certificati e monitorati anche da medici esperti della patologia.
I dubbi e la paura così non si placano: si sta giocando con fragili vite e tenaci speranze. Durante il convegno nazionale dell’associazione, una lunga tavola rotonda è stata dedicata al tema.
Il professor Michele de Luca, dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, ha spiegato che a livello internazionale la somministrazione delle cellule staminali mesenchimali è ancora in fase sperimentale e non si può dunque parlare, ad oggi, di cura. Le cellule staminali mesenchimali non sono pluripotenti e quindi non possono diventare qualsiasi cosa, ma solo osso, cartilagine e grasso. Per poterle trasformare in neuroni, come Stamina dice di poter fare, in disaccordo rispetto alle attuali conoscenze dell’intera comunità scientifica internazionale, dovrebbe indurle a differenziarsi in laboratorio prima di iniettarle nel paziente. In tal caso, ammesso che ciò fosse possibile, non si tratterebbe di un normale trapianto, come ad esempio accade con le cellule emopoietiche per la cura della leucemia, ma di una vera e propria terapia farmacologica dalle conseguenze sconosciute, visto che non esistono in letteratura studi preclinici e clinici in grado di dirci quali siano i rischi e i benefici di tale presunta terapia. Per il professor Paolo Bianco, de La Sapienza di Roma, non si può guarire nessuna malattia degenerativa con le cellule mesenchimali: è impossibile a oggi che un progenitore dell’osso generi le cellule del tessuto nervoso.
Queste forti critiche non hanno alcun riscontro, essendo i protocolli applicati sulla SMA1 mai diffusi. Ci chiediamo, a questo punto, che fine faranno le richieste di “terapie compassionevoli” su un metodo che non ha una relativa sperimentazione per questa patologia. Che fine faranno le liste di attesa? Perché si è insistito con le nostre famiglie affinché intraprendessero un percorso giudiziario, talvolta costoso, quando poi si è deciso volutamente di non chiedere l’inserimento della patologia? Solo adesso, nonostante i diversi nostri appelli in tal senso, ci si è reso conto che la SMA1 è sprovvista di misurazioni validate e certe?
Rivolgiamo ancora una volta un appello al Ministro e alla Commissione affinché si rispetti in ogni parte la normativa italiana in materia senza dimenticare che su questa faccenda pesa ancora un’inchiesta non archiviata da parte della magistratura, un rapporto dei NAS, un’analisi negativa del contenuto delle provette. Fino a quando sarà possibile tollerare dichiarazioni come questa: “La sperimentazione è uno specchietto per le allodole, un regalo alla comunità scientifica e alla trasparenza ma poco ai malati” (dichiarazione ANSA di Davide Vannoni, Roma, 1 agosto 2013)? Famiglie SMA continua a considerare la sperimentazione scientifica un atto dovuto per tutelare i pazienti, soprattutto quando si tratta di bambini.
Restiamo in attesa di un comunicato ufficiale degli organi preposti, in cui continuiamo a riporre tutta la fiducia perché chiariscano questa vicenda umana complessa e dolorosa, soprattutto per la nostra comunità.
L’Associazione Luca Coscioni è una associazione no profit di promozione sociale. Tra le sue priorità vi sono l’affermazione delle libertà civili e i diritti umani, in particolare quello alla scienza, l’assistenza personale autogestita, l’abbattimento della barriere architettoniche, le scelte di fine vita, la legalizzazione dell’eutanasia, l’accesso ai cannabinoidi medici e il monitoraggio mondiale di leggi e politiche in materia di scienza e auto-determinazione.