Sulle dichiarazioni di Monsignor Paglia alla trasmissione Rebus circa la indisponibilità e disponibilità della vita e l’importanza di tali idee per le battaglie sul fine vita e l’eutanasia.

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Come è risaputo, monsignor Paglia è decisamente contrario alla “dolce morte” ed è uno dei maggiori oppositori odierni della “eutanasia legale” e della campagna referendaria per l’eutanasia legale promossa dall’Associazione Luca Coscioni.

Ciò non toglie che il 10 ottobre, in una puntata televisiva di Rebus, dopo aver sostenuto più volte che “la vita è mia” (pur aggiungendo che essa “è anche degli altri”) abbia esplicitamente dichiarato che “Io non sono d’accordo con chi dice che la vita è indisponibile, tutt’altro, la vita è mia tanto che ci sono cristiani e non cristiani che danno la propria vita per salvare quella degli altri”. Questa affermazione, sebbene i media non abbiano prestato ad essa debita attenzione, è senz’altro notevole e merita qualche nota di commento.

Chiaramente, udire da un monsignore che occupa una posizione così importante all’interno della Chiesa cattolica odierna che egli non è “d’accordo” con chi ritiene che la vita sia indisponibile per noi non può che essere fonte di soddisfazione (la stessa che traspariva dal volto di Corrado Augias nell’ascoltare simili parole). Dall’altro lato, è difficile non provare un certo “stupore”, dovuto al fatto che Paglia sorvola sul fatto che chi dice che la vita è indisponibile non è qualche sparuto gruppo di cattolici, ma i documenti ufficiali della Chiesa, ossia i testi (dalla Dichiarazione sull’eutanasia alla Evangelium vitae alla Samaritanus bonus) nei quali è contenuto e sintetizzato il magistero cattolico in materia. Gli stessi documenti, tra l’altro, i quali precisano che gli atti con cui si offre la vita per il prossimo sono atti di tipo diverso rispetto a quelli propriamente autouccisivi o eutanasici e quindi non possono essere assimilati ad essi.

Tant’è che un seguace e difensore della dottrina tradizionale come Tommaso Scandroglio, in un articolo della Nuova Bussola Quotidiana del  6 Novembre intitolato “Gli inciampi di mons. Paglia sull’eutanasia”, ha avuto buon gioco nel rimarcare, a proposito degli argomenti in questione, le oggettive difformità dottrinali tra le affermazioni di Paglia e quelle ufficiali della Chiesa. Come ha avuto buon gioco nel far presente che per il magistero “il martirio e gli atti di eroismo volti a donare la propria vita per gli altri non mettono in crisi il concetto di indisponibilità della vita”.

Sebbene in tutti i suoi lavori Scandroglio presenti tale nozione come uno dei punti fermi della dottrina cattolica e della cultura della vita in questo contesto, pur non negandone la validità dottrinale, fa un inatteso discorso sui suoi aspetti problematici, arrivando a concludere che  a suo parere invece di dire che la vita è indisponibile (come di fatto sostengono i testi) sarebbe “meglio” affermare che il suicidio e l’omicidio dal punto di vista etico sono sempre atti intrinsecamente malvagi.

Anzi, proseguendo nel suo discorso, egli  scrive che “affermare che la vita è sempre indisponibile in senso stretto è errato. Infatti io posso lecitamente disporre della mia vita scegliendo di sposarmi, di farmi religioso, di intraprendere la carriera di avvocato, etc. In ogni istante, a ben vedere, noi disponiamo della nostra vita, cioè compiamo delle scelte”.

In realtà, come ho cercato di chiarire nei miei lavori, per indisponibilità della vita in senso “stretto”,  cioè nel senso tecnico e preciso del termine, non si intende il fatto (ovvio) che l’uomo possa compiere delle scelte nella vita, ma il fatto (meno ovvio) che la vita non è oggetto di scelta e quindi l’individuo, non avendo potestà sulla vita, non può lecitamente sopprimere se medesimo e gli altri (tant’è che è proprio perché la vita viene ritenuta strutturalmente indisponibile che all’uomo viene proibito il suicidio e l’omicidio ).

Ciò mostra come il concetto di disponibilità della vita, da parte degli studiosi, non sia sempre adoperato in modo rigoroso  e come Scandroglio finisca per fare “a destra” (= in una prospettiva conservatrice) quello che il monsignore fa “a sinistra” (= in una prospettiva riformatrice) ossia addensare qualche nube sul “granitico”concetto di indisponibilità della vita.

Tornando a Paglia, come devono essere interpretate le sue parole circa il fatto che la vita non è indisponibile? Si tratta forse di un semplice “inciampo” dottrinale e di un mero sforzo mediatico di sintonizzarsi, in questo campo, con la mentalità corrente? Oppure si tratta, da parte di un rappresentante di spicco della Chiesa di Francesco, di un tentativo di rapportarsi in modo nuovo (e consono allo spirito dei tempi) a questo strategico concetto?

Penso sia prematura una risposta a quest’ultimo interrogativo. Infatti solo il futuro potrà dirci se le dichiarazioni di Paglia possano essere considerate come l’inizio di un possibile cambiamento di rotta da parte delle gerarchie vaticane, nella maniera di rapportarsi a questo “bastione” (sia dal punto di vista teorico che storico) della dottrina cattolica.

Certo è invece che in esse si coglie un certo disagio o imbarazzo nel difendere la posizione cattolica tradizionale. “Imbarazzo”, a mio parere, dovuto al fatto che la dicotomia indisponibiltà/ disponibilità della vita, andando al cuore della questione del fine vita e obbligando, al di là di ogni sotterfugio, a una scelta di campo, funge da spartiacque fra coloro che credono davvero nella libertà delle persone e coloro che, pur affermando anch’essi di credere nella libertà, mostrano poi di non credere – o non di credere abbastanza – in essa. Da ciò la sua natura di strumento teorico idoneo a far venire “allo scoperto” le varie posizioni etiche e giuridiche in merito alla problematica della libertà o meno dell’uomo  di fronte alla propria morte.

Bene si è fatto quindi, nella recente raccolta firme per il referendum eutanasia legale, ad arricchire i consueti e accattivanti slogan (“liberi fino alla fine”, “la mia vita mi appartiene”) con i termini, di matrice filosofica, della indisponibilità e disponibilità della vita. Altrettanto bene hanno fatto, a mio parere, esponenti di spicco dell’Associazione Luca Coscioni come Filomena Gallo e Marco Cappato e a far propria l’interpretazione della nostra epoca alla stregua di ciò che dal punto di vista storico-filosofico ho definito un “epocale passaggio dal paradigma della indisponibilità della vita al paradigma della disponibilità della vita”.

Interpretazione condivisa anche da un autorevole giurista come Padovani e che chi scrive ha organicamente cercato di sviluppare in Indisponibilità e disponibilità della vita e nei blog precedenti. Grazie all’Associazione Luca Coscioni, che ha avuto il merito di renderla fruibile a una vasta cerchia di persone, questa griglia teorico-filosofica (mi fa piacere constatarlo) ha cominciato a prendere piede anche nei media e presso il largo pubblico, confermando in tal modo la doppia tesi, che ho ribadito in sede congressuale, per cui:

  1. a) i concetti filosofici, lungi dall’essere “astratti e innocui, presentano importanti ricadute esistenziali, culturali e sociali
  2. b) l’idea della disponibilità della propria vita si presta a fungere da proficua cornice culturale generale delle battaglie a favore delle pratiche eutanasiche.

Una “cornice”, bisogna aggiungere, in grado di suscitare il consenso anche di quella sempre più vasta quota di popolazione cattolica (emblematicamente rappresentata da Mina Welby) che non si riconosce più nelle posizioni tradizionali del magistero circa l’indisponibilità della vita. “Consenso”  che a proposito di questi temi (e di altri concernenti i diritti civili) documenta la presenza, all’interno della Chiesa odierna, di ciò che il filosofo Pietro Prini ha chiamato “scisma sommerso”.

Infatti, come ha osservato Cappato al Congresso dell’Associazione, senza la verificabile esistenza di questo fenomeno – oggi sempre meno “sommerso” – in un paese come il nostro non si spiegherebbero né il successo della raccolta firme né il fatto che la maggioranza degli italiani si dichiari favorevole alla legalizzazione dell’eutanasia.