Si è tenuto a Vicenza a Porto Burci l’evento “Terapia psichedelica assistita: un’esperienza” dove abbiamo ascoltato la testimonianza di Andrea Siclari, persona con diagnosi di tumore intestinale trattato con chemio e radar terapia che, all’interno della Medicina palliativa di un centro elvetico, ha avuto “il privilegio”, come lui stesso ha detto, di potere essere inserito anche in un trattamento psichedelico assistito che prevede l’utilizzo di LSD.
Andrea ha raccontato la sua esperienza, i suoi vissuti e ha descritto il contesto rigoroso di assistenza.
Era il 2010 quando nella prima pagina del New York Times è apparso l’articolo che descriveva la ricerca in atto da qualche anno all’università di New York e in altri centri sull’effetto psichico degli allucinogeni, allora si chiamavano così, che inducono una profonda esperienza spirituale con effetti positivi duraturi.
Le ricerche sperimentali si rivolgevano al trattamento della depressione e al dolore esistenziale nei pazienti oncologici, dell’ansia di morte del fine vita, ma anche alle dipendenze e ai disturbi traumatici di interesse psichiatrico con risultati promettenti.
Pollan, nel suo libro Come cambiare la tua mente, riporta che quell’articolo del New York Times fu letto da malati di tumore e che grazie a quella notizia qualcuno, ne fa anche il nome, chiamando l’Università e offrendosi come volontario, abbia visto cambiare in meglio la sua vita e la sua morte.
Sono passati quasi vent’anni dalla nascita del cosiddetto rinascimento psichedelico, dalla riscoperta di un uso attento, monitorato e proficuo di queste sostanze. Noi siamo informati sulle sperimentazioni e dei risultati della ricerca? Che ne sappiamo?
Il fatto che un uomo della Svizzera tedesca venga a raccontare ai vicentini, oggi, che esiste la possibilità di un trattamento che fa bene a chi è costretto a un’angosciosa vicissitudine oncologica non è degno dell’interesse della stampa, non fa notizia? Il Giornale di Vicenza non è il New York Times, d’accordo. Ma, nel nostro piccolo? Niente.
Non fa notizia perché è triste sapere che questa ricerca è ostacolata e non è possibile che sia praticata in Italia. Che notizie sarebbero sapere che a Londra, in Svizzera, negli Stati Uniti, in Canada, in Australia è esistita e tuttora esiste una ricerca che evidenzia le possibilità terapeutiche di sostanze psichedeliche e una letteratura scientifica che mette in luce evidenze di promettente uso medico?
In Canada, per esempio, grazie alla volontà di qualcuno e al Ministro, è stato possibile l’uso cosiddetto compassionevole di queste sostanze nei pazienti tumorali terminali.
Io le diffonderei invece queste notizie e sarei curioso di sapere cosa hanno provato le persone che si sono sottoposte a questi trattamenti. Credo che l’interesse sull’argomento stia aumentando sempre più in Italia e che molte persone abbiano bisogno di sapere sempre di più sulle possibilità di trattamenti di fronte alla malattia.
Abbiamo bisogno di testimonianze come quella offerta da Andrea Siclari e lo ringrazio di cuore per quanto è venuto a dirci dalla Svizzera. Ha valicato le Alpi, simbolo di un muro di quanto si può fare di là e quanto è proibito di qua. Una domanda dal pubblico è infatti stata: “Se ne avessi bisogno un domani, posso rivolgermi a questo Centro svizzero?”
Abbiamo bisogno di queste testimonianze anche perché la ricerca in questo campo necessita più che mai del racconto delle esperienze soggettive, di studi osservazionali e longitudinali, in quanto alcune applicazioni dei metodi scientifici nella ricerca si incrinano di fronte alla innovazione dettata dall’intrinseco effetto della sostanza psichedelica che non agisce come uno psicofarmaco a cui la ricerca classica è abituata.
Abbiamo bisogno anche di impegnarci perché questi trattamenti possano essere attivati anche in Italia e magari rispondere alla domanda dal pubblico con la realtà italiana di qualche Centro universitario, qualche Medicina Palliativa, qualche hospice dove potersi rivolgere.
Per questo l’Associazione Luca Coscioni ha inviato una lettera al ministro della Salute Schillaci firmata da professionisti medici e ricercatori per chiedere di prevedere l’uso di queste sostanze nell’ambito delle cure palliative e compassionevoli. Le condizioni per l’uso compassionevole (Regolamento UE 726/2004 art. 83) e di sperimentazione clinica (Legge n. 648/1996, Legge 94/1998 sull’utilizzo dei medicinali off label in studi clinici di fase II, Decreto Ministero della Salute del 7 settembre 2017) ci sono tutte.
Si tratta di superare la diffidenza nei riguardi di queste sostanze che sono incarcerate entro la tabella I della Convenzione internazionale sugli stupefacenti più per motivi politici che per stretta motivazione scientifica. Si tratta di proporre di inserire i composti psichedelici nella tabella dei medicinali per la terapia del dolore, al pari di quanto successo per gli oppiacei, sostanze anch’esse presenti in Tabella I il cui uso è invece ammesso, consigliato e diventato doveroso (art 2 Legge 219/2017, “il medico deve…”) per lenire il dolore.
Si tratta di invitare l’Italia a partecipare ai lavori degli Stati UE per giungere a raccomandazioni appropriate sulle sostanze psicotrope e alla loro ri-classificazione con l’obiettivo del beneficio per la salute pubblica.
Quello che Andrea Siclari ci racconta dalla Svizzera non può rimanere un bene riservato a qualche privilegiato trans Alpi, ma in virtù del cosiddetto diritto alla scienza anche l’Italia deve garantire che ognuno, se bisognoso, possa “godere del progresso scientifico e delle sue applicazioni”, indipendentemente da dove questo avvenga.
Diego Silvestri è medico psichiatra, in pensione dal 2021. Ha lavorato presso strutture sanitarie pubbliche in Veneto dove ha ricoperto anche ruoli di responsabilità. È stato professore universitario nella facoltà di Infermieristica a Verona e docente per diversi anni nei corsi per operatore socio sanitario. Presidente della cellula Vicenza Padova. Fa parte del gruppo di lavoro che gestisce il Numero Bianco dell’ALC.