“Serena”, nome di fantasia scelto a tutela della privacy, donna lombarda affetta da sclerosi multipla progressiva, con diagnosi risalente a più di 30 anni fa.
La sua condizione, che l’ha progressivamente paralizzata, l’ha costretta a vivere in una situazione di totale dipendenza, necessitando di assistenza continuativa da parte dei suoi caregiver.
Nel mese di maggio 2024, Serena aveva fatto richiesta alla propria azienda sanitaria per la verifica delle condizioni previste dalla “sentenza Cappato” per poter accedere al suicidio medicalmente assistito.
L’azienda sanitaria, eseguite le visite domiciliari e acquisito il parere del comitato etico territorialmente competente, verificava il possesso di tutti i requisiti indicati dalla Corte costituzionale. In particolare, in applicazione della sentenza n. 135/2024 della Corte costituzionale, confermava a fine Luglio la presenza del requisito del “trattamento di sostegno vitale” in quanto “Serena” doveva essere aiutata dai suoi caregiver con manovre meccaniche, per evacuare, aveva un catetere vescicale e aveva necessità che le venisse aspirato il muco dalle vie aeree per evitare il suo soffocamento.
Tuttavia, l’azienda sanitaria non indicava il farmaco letale e la strumentazione per la sua autosomministrazione, sottolineando che a tal fine sarebbe stata necessaria una valutazione collegiale con il farmacista ospedaliero.
Quindi, nonostante il parere positivo della commissione, l’azienda sanitaria, con email del 13 novembre 2024, informava “Serena” che non avrebbe individuato il farmaco e la strumentazione per l’autosomministrazione, ma che doveva essere il medico di fiducia di “Serena” a indicare, con una propria relazione, il farmaco letale e la metodica per la sua autosomministrazione.
A questa lettera, rispondevano i legali di “Serena” – composto dagli avvocati Angioletto Calandrini, Francesca Re e Alessia Cicatelli – inviando la relazione medica del dottor Mario Riccio, evidenziando che, in forza della sentenza “Cappato”, è compito dell’azienda sanitaria fornire l’assistenza necessaria per accedere al suicidio medicalmente assistito, compresa quindi l’indicazione e la fornitura del farmaco letale, della strumentazione per l’autosomministrazione e del personale sanitario che, su base volontaria, presti la propria assistenza volontaria durante la procedura.
Il 4 dicembre 2024, in assenza di riscontro da parte dell’azienda sanitaria, i legali di “Serena” inviavano un sollecito per un urgente riscontro, visto il continuo peggioramento delle sue condizioni.
L’azienda sanitaria, dopo aver valutato la relazione con protocollo farmacologico del medico di fiducia di “Serena”, il dottor Mario Riccio, confermava che avrebbe fornito il farmaco letale e la strumentazione per l’autosomministrazione, ma che non era stata in grado di individuare del personale sanitario disposto a prestare assistenza su base volontaria.
Nel mese di gennaio 2025, “Serena”, assistita dal suo medico di fiducia dottor Mario Riccio, si autosomministrava il farmaco letale, nella propria casa, circondata dai suoi cari.
Questo il messaggio di Serena che ha autorizzato fosse divulgato:
“La mia breve vita è stata intensa e felice, l’ho amata all’infinito… e il mio gesto di porre fine non ha significato che non l’amassi. L’ho vissuta nonostante tutte le mie difficoltà per tantissimi anni, come se questa malattia non fosse dentro me. Ho affrontato la mia disabilità con rispetto e dignità… ma, quando incominci a sentire la sofferenza oltre a quella fisica ma dentro l’anima, capisci allora che… anche la tua anima deve avere il diritto di essere rispettata con la dignità che merita… questo è ciò che nessuno può toglierti e non deve mai accadere… libera”.
È il quarto caso in Italia in cui l’azienda sanitaria fornisce il farmaco letale e la strumentazione utile alla sua autosomministrazione.