Fecondazione, la fatica di nascere – Un’indagine sugli effetti della legge 40 a un anno dalla sua approvazione

A un anno dall’approvazione della legge 40 le gravidanze in sei centri risultano calate del 15% i cicli di procreazione assistita sono passati da 2.418 a 1.746 – Coppie in viaggio verso l’estero

ROMA – Meno figli in provetta: nascere con la procreazione assisita in Italia ora è più difficile. A un anno dalla sua approvazione la contestata legge 40/2004 che ha fissato, tra mille polemiche, divieti e paletti stringenti sulle tecniche riduce le speranze di molte coppie in cerca di un figlio: calano le gravidanze del 15% tanto da far dimezzare, in alcuni centri, le attuali percentuali di successo; aumentano aborti e parti gemellari e diventa evidente la fuga dalla provetta italiana.

I dati raccolti da un’indagine de Il Sole-24 Ore arrivano da sei importanti strutture e riguardano il confronto tra il 2003 e il periodo da marzo 2004 (mese in cui è entrata in vigore la legge 40) a dicembre dello stesso anno. La percentuale di gravidanze, nei sei centri presi in esame, calcolate in base al numero di ovociti (le cellule uovo della donna) prelevati dalle pazienti parlano chiaro: nel 2003 era del 35.6%, nel corso del 2004 è invece calata a un più striminzito 21,5 per cento. Come dire che, se prima nascevano 35 bimbi ogni 100 prelievi ovocitari, ora ne nascono 21.
Drastica anche la riduzione dei cicli di procreazione assistita, termometro dell’accesso ai centri delle coppie: nel 2003 erano 2.418, in 10 mesi di applicazione della legge sono diventati 1.746.
«Perché rimanere in Italia – si chiede Luca Gianaroli, direttore scientifico Sismer di Bologna (Società italiana dì studi di medicina della riproduzione) – se le possibilità di successo ora sono più basse? Otto milioni di italiani vivono in zone di confine, chi ha problemi è già partito per l’estero».

Intanto la legge 40/2004, che si avvia verso il referendum, attende ancora due provvedimenti attuativi: il decreto che istituisce il Registro nazionale dei centri di procreazione assistita, atteso a breve, e le regole sul consenso informato. Marciano, infine, sempre più al rallentatore le proposte di modifica della legge 40 attualmente all’esame del Senato. I dati mostrano un’evidente tendenza al calo delle nascite: al centro di biologia della riproduzione di Palermo e a quello Sismer di Bologna le percentuali di successo si sono praticamente dimezzate passando, rispettivamente, dal 3,4 al 18.6% e dal 32,4 al 18,4 per cento. Un calo, questo, dovuto soprattutto al fatto che i due centri ricorrevano in modo ampio alla tecnica, ora vietata dalla legge, del congelamento degli embrioni.

Sorte simile per i tre centri Cecos (di Roma, Firenze e Bologna) che hanno avuto un deciso arretramento (dal 37,7 al 21.5%). Più leggero il calo al centro universitario di medicina della riproduzione di Torino (dal 35,5 al 28.8 per cento). «E’ una conseguenza diretta della norma che vieta dì produrre in vitro più dì tre embrioni e conseguentemente impone di utilizzare per la fertilizzazione solo tre ovociti», avverte Alberto Revelli responsabile del centro dì Torino.
«Con le nuove limitazioni – aggiunge Gianaroli – abbiamo meno possibilità di ottenere embrioni buoni e tra l’altro non possiamo neanche rimuovere quelli a basso potenziale d’impianto o con alto potenziale abortivo».
Un fatto, questo, non privo di conseguenze: i dati mettono, intatti, in mostra una crescita degli aborti, passati dal 17.2 al 23,1% delle gravidanze e un aumento dei parti gemellari (dal 14,2 al 18,6 per cento). «Basti pensare – spiega Gianaroli – che nel nostro centro si trasferivano non più di due embrioni, ora con l’obbligo a tre non mancano le gravidanze trigemine che alzano il rischio di alterazioni neurologiche dei nati».

Contro il divieto di crioconservazione degli embrioni i centri hanno tentato di rimediare con il congelamento degli ovociti: «E’ una tecitica molto giovane – racconta Gianaroli – sulla quale non c’è mai stata nessuna vera sperimentazione. Si stanno usando, insomma. le donne quasi come delle cavie». Non solo, finora l’impiego di embrioni conservati nel congelatore «offriva probabilità di gravidanza intorno al 20% – aggiunge Revelli -, questa nuova tecnica garantisce la metà delle possibilità» . «D’ora in poi – avverte Claudia Livi, responsabile del centro Cecos dì Firenze – dovremo rinunciare a tutte quelle nascite da embrioni congelati. Come fanno a dirci che siamo contro la vita? Noi lavoriamo perché i bambini nascano».

Infine, il delicatissimo fronte degli embrioni lasciati nei congelatori dei centri: «La legge voleva limitare il loro abbandono, ma nel nostro centro – conclude Gianarohi – su 300 lettere inviate abbiamo ricevuto solo un centinaio di risposte dalle coppie interessate a non abbandonare i loro embrioni. Dalle altre niente. Troppa la paura e la confusione».

Mentre continua il balletto sulle date della consultazione popolare mancano ancora all’appello due provvedimenti della legge 40/2004: innanzitutto il decreto che istituisce il Registro nazionale, presso l’istituto superiore di Sanità (Iss), dove dovranno iscriversi tutti i centri e il decreto – dei ministeri dì Giustizia e Salute – sulle modalità di raccolta del consenso informato delle coppie. «Per il Registro è tutto pronto – avverte Giulia Scaravelli, che sarà la responsabile presso l’lss – il problema è che molte Regioni devono ancora fissare i requisiti necessari per l’iscrizione».

Poche speranze, invece, per le cinque proposte dì modifica della legge 40/2004, il cui esame in commissione Igiene e Sanità del Senato procede sempre più col fiato corto. E il referendum sembra, ormai, inevitabile.