Fecondazione assistita, regole da perfezionare

di Fernando Santosuosso

I numerosi commenti alle nuove linee-guida per l’applicazione della legge 40 sulla fecondazione assistita sono stati in parte favorevoli, specie se interessati, ma prevalentemente negativi (forse troppo), sia perché questo atto di notevole rilievo politico è stato emanato dal ministro di un Governo già dimissionario e dopo il chiaro risultato elettorale, sia perché un atto regolamentare avrebbe surrettiziamente modificato una legge, confermata in sede referendaria.

In vista di futuri scontri o di interventi politici o giudiziari che potrebbero aggravare la confusione interpretativa, è opportuno tentare di valutare la portata delle Linee guida. Uno dei ritocchi apportati pare senz’altro condivisibile: aiutare la coppia in quelle delicate situazioni con un adeguato sostegno psicologico. Molto discutibili sono invece altre due innovazioni su cui si sono appuntate le critiche.

Il primo riguarda le condizioni di infertilità o sterilità della coppia, al cui accertamento l’articolo 1 della legge subordina rigorosamente la legittimità del ricorso alla fecondazione assistita. Le Linee guida cercano di forzare questo limite ravvisando la infertilità anche quando l’uomo sia portatore di malattie virali sessualmente trasmissibili «che impongono precauzioni che si traducono in una condizione di infecondità». Basta la tortuosità di questa frase per evidenziare che l’uomo sarebbe in condizioni fisiologiche di fecondare, ma è di fatto infecondo, al pari di chi non volesse procreare per vari altri motivi. Dal che si deduce che in realtà l’atto ministeriale altera l’essenziale presupposto di fondo della legge: lo stato di sterilità o infecondità, col rischio di eventuali sviluppi applicativi.

Occorre ricordare in proposito anche l’articolo 6, n.4, secondo cui «fatti salvi i requisiti previsti dalla presente legge, il medico responsabile della struttura può decidere di non procedere alla procreazione medicalmente assistita esclusivamente per motivi di ordine medico-sanitario». In un eventuale miglioramento della normativa potrebbe rendersi più esplicita tale disposizione con riferimento ai casi di gravissime malattie trasmissibili al coniuge e alla prole. Un ampio discorso meriterebbe la seconda innovazione.

L’articolo 13, n.2 della legge stabilisce che «la ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano è consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche a essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell`embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative». Ma poiché l’articolo 14, n. 5 riconosce alla coppia la facoltà di essere informata dello stato di salute degli embrioni prodotti, le Linee-guida del 2004 prevedevano che, limitatamente a questi fini, l’indagine medica «dovrà essere di tipo osservazionale». E, qualora vengano evidenziate gravi anomalie irreversibili dello sviluppo di un embrione, il medico ne informa la coppia; la quale può rinunziare all`impianto (che nonè coercibile), ma non sopprimere l’embrione o perseguire fini selettivi.

Questi punti delle Linee-guida sono stati eliminati dal recente provvedimento ministeriale, con la nota esplicativa: «a seguito delle sentenze del tribunale di Cagliari e del Tar Lazio». Ora, a prescindere dalla esatta interpretazione di queste sentenze, peraltro non definitive, deve rilevarsi che dalla eliminazione dei limiti precedentemente previsti all`indagine dell`articolo 14, n. 5 discenderebbe che anche per le informazioni alla coppia possa essere svolta quella ricerca completa e approfondita che l’articolo 13 consente unicamente alla diversa condizione della necessaria e diretta tutela della salute e dello sviluppo dell`embrione.

Con l’ulteriore risultato di favorire (nelle decisioni della coppiae di certi operatori) quella deriva eugenetica che la legge tassativamente vieta e anche le Linee guida formalmente negano. Va comunque ripetuto l’auspicio che in una materia così delicata per le comprensibili preoccupazione delle parti coinvolte, possa riprendere un sereno dialogo fra esperti disinteressati per concordare limitati interventi migliorativi, avendo come obiettivo il contemperamento degli interessi dei vari soggetti, specie. di quelli più indifesi, senza trascurare le prevedibili ripercussioni sociali.