Hanno rifiutato l’impianto di embrioni malati o non testabili chiedendo che venissero destinati alla ricerca. E per portare avanti la loro battaglia sono tornati in un’aula di tribunale: lo avevano già fatto nel 2008. Anche stavolta un giudice fiorentino ha dato loro ragione. Ora il ricorso presentato da una coppia, affetta da una patologia genetica, finirà davanti alla Consulta. E così, per la quinta volta, la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita torna all’esame della Corte Costituzionale. La legge 40 risulta, in merito ad alcuni punti, «irrazionale, illogica e irragionevole»: ha argomentato il giudice del capoluogo toscano. «La donna che oggi si sottopone al ciclo di fecondazione assistita – spiega Gianni Baldini, docente di Biodiritto dell’Ateneo fiorentino e legale della coppia – dopo il concepimento dell’embrione in provetta, non può più tornare indietro. Se litiga con il compagno, se si ammala o se cambia idea sarebbe costretta dalla legge a farsi comunque impiantare gli embrioni. L’unica alternativa sarebbe l’aborto». Irragionevole, prosegue l’avvocato, è anche il divieto di ricerca su embrioni abbandonati o malati, «comunque non più impiegabili per finalità procreative». Contrastanti le reazioni alla decisione del tribunale. Plaudono Pd e Radicali, tuona il Pdl.

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