È un decalogo per chi si candida alla guida del Paese e il titolo suona quasi come un grido di disperazione: «Diamo un futuro alla ricerca scientifica italiana». Lo ha elaborato il «Gruppo 2003» formato da una cinquantina di illustri scienziati che compaiono negli elenchi dei più citati al mondo compilati dall’Institute for Scientific Information di Philadelphia (Usa). «Siamo sconcertati dall’assenza di questo tema dalla campagna elettorale – nota Alberto mantovani, immunologo dell’Università di Milano e direttore scientifico dell’Istituto clinico Humanitas -. Abbiamo ascoltato soltanto discorsi vaghi e per questo dobbiamo richiamare l’attenzione non in termini generici ma chiedendo un confronto su contenuti precisi».
«Stiamo vivendo una guerra per i cervelli – prosegue -.Francia, Germania e Russia hanno deciso di puntare e sostenere un ristretto numero di atenei per competere nel mondo. E noi cosa siamo disposti a fare? I punti che indichiamo sono chiari e comprendono da un maggior impegno nelle risorse, all’eliminazione dei lacci e lacciuoli che impediscono di agire, ad una valutazione puntuale e una premialità in grado di superare i meccanismi scarsamente trasparenti e meritocratici che oggi ci affliggono».
Altrettanto deciso è Luigi Nicolais, chimico dell’Università di Napoli ora alla presidenza del Consiglio Nazionale delle Ricerche. «La ricerca – sottolinea – non può essere più un fatto eccezionale. È una necessità perché la competizione si svolge su qualità e innovazione, necessarie per essere all’altezza dei mercati internazionali. Non basta comperare i brevetti. Questi non garantiscono un futuro. E la conoscenza non si compra, bisogna svilupparla in proprio. Anche molti economisti nostrani non se ne rendono conto. Vorremmo che le indicazioni elaborate dal nostro gruppo entrassero nei programmi elettorali e poi servissero al futuro governo».
Che la situazione richieda interventi rapidi è sotto gli occhi di tutti. «La ricerca è quasi del tutto abbandonata pur avendo buoni ricercatori e centri di qualità – dice Silvio Garattini, farmacologo, direttore dell’Istituto Mario Negri -. Ci devono dire cosa dobbiamo fare: vogliamo lasciare il campo libero ai concorrenti stranieri o diamo un impulso per rinascere?».
E quanto l’esasperazione del mondo scientifico italiano sia elevata lo mostra la provocazione di Giuseppe Remuzzi, esperto di malattie renali e direttore del Mario Negri di Bergamo. «Aboliamo – conclude drastico – i concorsi, chiudiamo le università per cinque anni e mandiamo i ragazzi in Europa: ci costerebbe meno. E ripartiamo da zero sulla base del merito».

L’Associazione Luca Coscioni è una associazione no profit di promozione sociale. Tra le sue priorità vi sono l’affermazione delle libertà civili e i diritti umani, in particolare quello alla scienza, l’assistenza personale autogestita, l’abbattimento della barriere architettoniche, le scelte di fine vita, la legalizzazione dell’eutanasia, l’accesso ai cannabinoidi medici e il monitoraggio mondiale di leggi e politiche in materia di scienza e auto-determinazione.