Sempre più specialisti rifiutano l’intervento, al Sud sono raddoppiati in tre anni. Se il numero dovesse ancora salire, si profilerebbe forse, anche per l’interruzione volontaria di gravidanza, il ricorso ai viaggi all’estero, come per la procreazione assistita. Una realtà ipotizzabile, analizzando i numeri della Relazione annuale sulla legge 194, relativa agli anni 2006 e 2007, che la ministra della Salute Livia Turco ha trasmesso al parlamento. Il dato più impressionante riguarda i ginecologi obiettori: il loro fronte, l’anno scorso, ha raggiunto quasi il 70 per cento (3.780 sul totale di 5.462). Nel 2003 coprivano il 58,7 per cento. Sette ginecologi su dieci, tra quelli che lavorano nei reparti autorizzati, sono dunque antiabortisti. Le Ivg, intanto, continuano a diminuire: del 3 per cento rispetto al 2006, (con un totale di 127.038 nel 2007, mentre l’anno precedente erano state 131.018), ma del 45,9 per cento dal 1982.
Un calo che, tuttavia, riguarda solo le italiane (meno 3,7% rispetto al 2006 e meno 61,4% rispetto al 1982), mentre si conferma l’incremento (più 4,5% rispetto al 2006) per le straniere. Il fenomeno più consistente resta, comunque, l’obiezione di coscienza che riguarda anche altri operatori sanitari: gli anestesisti sono passati dal 45,7% del 2003 al 50,4% del 2007 e il personale non medico dal 38,6% al 42,6%, nello stesso periodo. Con alcune differenze tra le Regioni. Nel Sud, il partito degli obiettori è ancora maggiore e in alcune aree i numeri raddoppiano. In Campania l’obiezione per i ginecologi è salita dal 44,1% all’ 83%, per gli anestesisti dal 40,4% al 73,7%, per il personale non medico dal 50% al 74%. In Sicilia, i ginecologi obiettori hanno quasi raddoppiato il loro numero, da 44,1% a 84,2%, gli anestesisti da 43,2% a 76,4% e il personale non medico da 41,1% a 84,3%. Tuttavia, ci sono Regioni anche nel Nord, per esempio il Veneto, in cui la percentuale supera quella del dato nazionale: il 79,1% dei ginecologi rifiuta le interruzioni di gravidanza, mentre gli anestesisti obiettori sono il 49,7% e il personale non medico il 56,8%.
Livia Turco, nel difendere la legge, la giudica «non solo efficace, ma saggia e lungimirante, rispettosa dei principi etici della tutela della salute della donna e della responsabilità femminile rispetto alla procreazione». Semmai, osserva, potrà essere «ulteriormente migliorata» con un rinnovato impegno per la sua totale applicazione. Infine, invita a riflettere sul successo delta 194 che «ha favorito la sostanziale riduzione della richiesta di Ivg» , permettendo un cambiamento «sostanziale del fenomeno abortivo nel nostro Paese». Stanche scaramucce verbali, tra centrodestra e centrosinistra, hanno accolto il rapporto. «Proprio sul finire della legislatura – sottolinea Francesco Amoruso, eletto al Senato con il Pdl – il ministro auspica una piena applicazione della legge anche nella sua parte iniziale sulla prevenzione.
Inoltre chiede il potenziamento dei consultori. t quello che il centrodestra ha sostenuto negli ultimi due anni». «Sono d’accordo con Livia Turco – commenta la ministra uscente per i Diritti e le Pari opportunità, Barbara Pollastrini -, la legge va applicata in tutte le sue parti e su tutto il territorio. E mi rammarico ancora che le linee guida, attese da tanti, siano ancora bloccate dal diktat, dal sapore così ideologico, del presidente della Regione Lombardia, Formigoni, e da quello della Regione Sicilia, Lombardo».
Sul tema dei ginecologi antiabortisti, l`intervento del presidente della Società italiana di diagnosi prenatale e medicina materno fetale, Claudio Giorlandino: «Il loro aumento si spiega con l’incremento delle strutture sanitarie religiose dove per forza di cose, se un medico ginecologo vuole lavorare, deve essere obiettore». Inoltre, «i medici che si occupano di aborto non sono ben pagati. Non hanno alcuna gratificazione. t un lavoro condannato dall’opinione pubblica e deprimente professionalmente. Infine, c’è oggi meno richiesta di aborti, e quindi non c’è bisogno di tanti medici che li pratichino». Le interruzioni di gravidanza sono scese del 3% rispetto al 2006