Ricordando Paolo Finzi

Pasquale Messina, iscritto all’Associazione Luca Coscioni, ricorda Paolo Finzi ad un anno dalla sua scomparsa

È passato ormai un anno da quando Paolo Finzi ha deciso di andarsene ma mi accorgo che è ancora troppo presto per riuscire a parlare di lui tenendo a bada l’inevitabile emotività per una fine così drammatica. Drammatica non tanto per la scelta estrema, che va solo rispettata, ma per il modo in cui è stata attuata: un modo che ci interroga tutti e ci lascia spiazzati perchè così poco in sintonia con il Paolo che abbiamo conosciuto, pieno di positività e ironia.

Paolo, con la sua tranquilla tenacia, ha permesso un evento straordinario, come la sopravvivenza per mezzo secolo di una rivista, che ha indelebilmente segnato la storia del movimento anarchico italiano, di uno strumento, magari criticato e discusso che davo per scontato. Invece il suo valore, paradossalmente, lo percepisco di più ora che ne esperimento l’assenza. Tuttavia per parlarne, per ricostruire con lucidità e in tutta la sua ricchezza un percorso esistenziale, che è stato lungo e per certi versi lineare, anche se non privo di sorprese e di qualche azzardo. Infatti ci vuole un certo “distacco”, una distanza emotiva che ancora non ho. Una cosa la posso già dire: qualunque ne sia stato l’esito, Paolo ha avuto una vita bella e appassionante, che è stata ricca di incontri (e non solo nel mondo anarchico), ma anche di scontri (inevitabile se si gestisce una testata anarchica), che lui ha sempre affrontato nella sua maniera pacata e dialogante, ma non per questo arrendevole.

Questo percorso individuale fatto di determinazione, curiosità ed entusiasmo si intreccia in maniera quasi indistinguibile con quello di “A rivista anarchica”, anche se comincia prima e non si esaurisce lì.
Questa sua vita spezzata e la fine di una delle più longeve riviste anarchiche, chiuse entrambe nel luglio del 2020, ci lascia un vuoto incolmabile.

Paolo da giovane frequentava Carrara, dove era di casa non solo per il fatto che aveva trovato l’amore in Aurora Failla, ma perchè l’animo anarchico della città lo aveva rapito.

Carrara non era per lui solo la meta dei convegni al Teatro Degli Animosi, degli incontri con il gruppo Germinal, ma era anche la sede della tipografia, gestita da compagni, che stampava la “sua” rivista “A”.
Quanta energia ha profuso nel sostenere la rivista, anche in periodi in cui attorno sembrava si fosse circondati solo dal deserto, lui scriveva, impaginava, correggeva ed infine impacchettava i numeri da spedire, rigorosamente con corda e indirizzo battuto a macchina. C’è stato un periodo, poi perso, in cui tra i bisogni teorici e la tensione militante si era trovato una amalgama perfetto: ed eccolo impegnato in telefonate intermimabili, una corsa in side-car per un Primo Maggio anarchico a Vercelli, un comizio a Genova e il felice incontro con i rom e Fabrizio De Andrè…Carrara protetta dai suoi monti, si apre in lontananza sul mare, come se il bianco del marmo e la schiuma delle onde cercassero un qualche contatto…

Paolo, con il suo viso buono da fanciullo, pareva sempre alla ricerca, irrisolta, della sintesi tra la sicurezza dei vecchi e la temerarietà dei giovani.