Ricerca scientifica: “Proposta Gallo” su Open access: la svolta c’è ma non basta

ddl Open access

È stato votato oggi, 13 marzo, alla Camera il disegno di legge sull’Open Access (OA) ossia il diritto, da parte di tutti i cittadini, ad avere libero accesso ai risultati della ricerca finanziata tramite denaro del contribuente. La “proposta Gallo” – dal nome del Presidente M5S della Commissione cultura che ne è il primo firmatario – ha il merito di riaprire un dibattito particolarmente sentito all’interno della comunità della ricerca italiana e internazionale sul copyright delle pubblicazioni scientifiche, ma non coglie ancora completamente nel segno, lasciando aperti un buon numero di fronti che rischiano di minarne fortemente il potenziale.

Un intervento che va nella direzione auspicata, anche dall’Unione Europea, è stato fatto, però, con l’Ordine del Giorno approvato nel corso della discussione alla Camera, a firma dei deputati di +Europa, su iniziativa di Science for Democracy, piattaforma trans-nazionale lanciata dall’Associazione Luca Coscioni. I limiti del testo sono però molti, come evidenziato dall’astensione delle opposizioni nel voto finale in aula.

La liberazione della ricerca dal segreto, affinché le tesi cui la ricerca approda siano pubblicamente sperimentabili, dimostrabili e discutibili, è un aspetto essenziale della rivoluzione scientifica moderna. La stessa Commissione Europea ha recentemente lanciato un ambizioso progetto, Plan S che prevede la completa transizione verso il modello Open Access entro il 2020.

Eppure il momento sarebbe propizio per un atto di coraggio. L’Italia, che nonostante tutto rimane un importante attore nel panorama scientifico mondiale, ha l’occasione per unirsi ai partner europei e diventare portavoce di una battaglia culturale dalle molteplici ricadute: economiche – più soldi nel circuito della ricerca – e sociali – l’accesso libero e trasparente alla ricerca è una condizione essenziale per ricreare il rapporto di fiducia tra cittadini ed “esperti”, una frattura da sanare al fine di costruire una “società democratica basata sulla conoscenza”.

Il punto di Federico Binda e Costanza Hermanin sul ddl Open Access