Il 22 ottobre 2020, la Corte Costituzionale polacca ha ulteriormente limitato la possibilità di interrompere una gravidanza, dichiarando incostituzionale la possibilità di abortire anche in caso di gravi malformazioni del feto.
Articolo di Mirella Parachini, ViceSegretario dell’Associazione Luca Coscioni – Di fatto l’aborto in Polonia è diventato un reato ed è consentito solo quando la gravidanza sia il risultato di crimini come lo stupro o l’incesto.
Quella sentenza ha innescato enormi proteste a livello nazionale.
Le donne hanno pacificamente manifestato contro questa decisione, ma tali manifestazioni sono state oggetto di aggressioni da parte delle forze dell’ordine. La polizia stima che solo mercoledì della scorsa settimana alle manifestazioni abbiano preso parte circa 430.000 persone.
Il 27 ottobre il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki aveva invocato l’intervento dell’esercito contro le manifestanti, prospettando così un’escalation dell’azione repressiva e violenta da parte delle autorità. Ma il presidente stesso della Polonia Andrzej Duda aveva sostenuto che le donne dovrebbero avere il diritto all’aborto in caso di feti congenitamente danneggiati, rompendo i ranghi con una leadership conservatrice. E’ del 29 ottobre la notizia che il primo ministro della Polonia ha lanciato un appello per interrompere, in mezzo a un enorme picco di infezioni da coronavirus nel paese, una settimana di proteste rabbiose contro una sentenza dell’alta corte che inasprisce le leggi sull’aborto già rigide. Mateusz Morawiecki ha affermato che la controversia dovrebbe essere risolta attraverso il dialogo, invece che attraverso ripetuti raduni di massa di strada che sono vietati in base alle restrizioni pandemiche. “Chiedo che queste proteste vengano annullate a causa dell’epidemia”, ha detto Morawiecki, sottolineando che il sistema sanitario è vicino ai suoi limiti. Ma le attiviste per i diritti delle donne hanno confermato i piani per una grande marcia venerdì sera a Varsavia e altre azioni e blocchi della città in questa settimana.
La Polonia ha già avviato il processo di disdetta della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, la Convenzione di Istanbul.
Essendo un Paese che fa parte dell’Unione Europea, la Polonia è vincolata dagli articoli 2 e 7 del Trattato sull’Unione europea al “rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze”, valori che “sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”.
Monica Cirinnà al Senato e Laura Boldrini e Lia Quartapelle alla Camera sono le prime firmatarie di due interrogazioni per chiedere al nostro Governo se “ritiene di adoperarsi nell’ambito dei rapporti diplomatici bilaterali e multilaterali nelle competenti sedi europee per garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali della UE in Polonia”.
L’Associazione Luca Coscioni appoggia le richieste al Governo.
L’Associazione Luca Coscioni è una associazione no profit di promozione sociale. Tra le sue priorità vi sono l’affermazione delle libertà civili e i diritti umani, in particolare quello alla scienza, l’assistenza personale autogestita, l’abbattimento della barriere architettoniche, le scelte di fine vita, la legalizzazione dell’eutanasia, l’accesso ai cannabinoidi medici e il monitoraggio mondiale di leggi e politiche in materia di scienza e auto-determinazione.