È un piacere poterci incontrare di nuovo, possiamo così approfittare di questo lungo periodo di isolamento, per approfondire le tematiche che ci stanno a cuore, in modo da dare un senso a queste giornate; abbiamo infatti scelto di non farci trovare impreparati e di essere comunque propositivi.
Vi scrivo in concomitanza con la ricorrenza del Primo Maggio, una giornata densa di significati, in particolare legati al lavoro e ai diritti connessi; non scordiamo che l’Italia è una Repubblica Democratica fondata sul lavoro, diritto fondamentale del cittadino italiano, tanto che si fa riferimento ai lavoratori nel successivo articolo 3. Non vanno dimenticati neanche gli avvenimenti che hanno insanguinato questa giornata e cioè la Strage di Portella della Ginestra, presso Piana degli Albanesi, in Provincia di Palermo, primo atto della strategia della tensione. L’alleanza fra mafiosi e agrari, fece aprire il fuoco sui
lavoratori, che dopo l’immane tragedia della guerra e i soprusi patiti durante il fascismo, rialzavano la testa a reclamare i loro diritti.
Mi soffermo su questa parola, i diritti, sociali e di cittadinanza, tornata così di moda, in questa epoca di coronavirus: negli ultimi, in nome del progresso, di una modernità, il cui significato è apparso via via più sfuggente, c’è stata una loro messa in ombra, quasi si trattasse di un accessorio.
Invece la nuova situazione in cui ci troviamo a vivere, ha fatto mutare di colpo questo paradigma, le disuguaglianze già palesi si sono acuite, viviamo in una situazione per descrivere la quale prendo in prestito le parole di qualcuno che ha usato la lingua italiana meglio di me, i sommersi e i salvati. Le disuguaglianze si sono acuite, fino a prendere la forma di vere e proprie discriminazioni legalizzate, la quarantena è fatta per chi può permettersela, agli altri non è stato dato modo neanche di organizzarsi.
È possibile accedere ad una vita decente se non si è bambini, ma allo stesso tempo non si è troppo grandi, se si è sani, se non si è diversamente abili; tutto questo riguarda l’ambito più strettamente personale, delle condizioni personali, perché c’è anche da considerare la parte più propriamente “tecnica” e “strutturale”. Mi riferisco al fatto che certo è meno problematico vivere in una grande e comoda casa, con ampio giardino e terrazza, dove ciascuno abbia i suoi spazi, invece capita di dover condividere pochi metri quadri, magari scomodi per chi non è in buona condizioni di salute.
Un’altra forma di discriminazione è quella riguardante le modalità in cui si svolge il lavoro, non tutte le
professioni possono essere svolte da casa in modalità telelavoro, per non parlare di chi il lavoro, a causa della pandemia lo ha proprio perso. Servono tutele, incentivi anche per chi manda avanti la macchina produttiva del paese, investimenti in sicurezza, soprattutto per chi si occupa di quell’assistenza socio sanitaria, che non deve venire mai meno.
Un’altra delle situazioni dolenti venutesi a creare, anzi ripeto quasi diventata cronica, riguarda i diversamente abili, come sapete una realtà che mi sta particolarmente a cuore e che vivo sulla mia pelle. Già si vive una situazione che spesso ci fa apparire cittadini di serie B, in queste settimane dobbiamo lottare perché non si scenda ulteriormente nell’alfabeto. Mi riferisco alla chiusura dei centri diurni, all’incertezza circa la programmazione dei centri estivi, all’interruzione in molti casi dei percorsi educativi e riabilitativi; si tratta di momenti essenziali, per dare respiro alle famiglie, ma soprattutto per garantire a migliaia di persone percorsi di crescita e di autonomia. In molti casi, in questo periodo si devono fare i conti con tali mancanze e le famiglie sono disorientate, anche in questo caso non si tratta di una situazione a cui le autorità preposte devono con urgenza creare una soluzione.
Un’altra categoria a rischio discriminazione, non considerazione, è quella dei bambini, che subiscono la chiusura delle scuole, la lontananza dagli affetti e dagli amici, dal libero sfogo del movimento e della propria fisicità, invece sono confinati in casa, precocemente davanti a un computer, a seguire video lezioni.
È invece fondamentale nella didattica, il rapporto diretto docente discente, come occasione di crescita e di sviluppo, tanto quanto fare esperienze col proprio corpo, non in casa e in una realtà filtrata dalla tecnologia. Spero che i più piccoli non vengano lasciati soli, da parte, perché sono il futuro del nostro paese, da cui dipenderà tutto fra non molti anni.
Voglio anche dare una voce ad un’altra categoria che in queste settimane subisce delle conseguenze ed è messa angolalo, mi riferisco a chi ha problemi di salute anche gravi, ma diversi dal COVID19; pur nell’impegno pressante e continuo del personale sanitario, la cronaca riferisce delle difficoltà a trovare delle risposte, anche per chi ha patologie importanti, considerati anche i cronici ritardi del SSN; anche in questo caso facciamo riferimento ad un diritto fondamentale, garantito costituzionalmente che è la tutela della salute.
Come ho già scritto in precedenza, sembra essere diventato impossibile poter accedere all’IVG, un diritto acquisito ormai dal 1978, ma troppo spesso conculcato da ideologie oscurantiste. Voglio poi riferirmi anche alla confusione generata dagli ultimi provvedimenti legislativi, che certamente, potrebbero essere fonte di discriminazione, dato che fanno riferimento ad una concezione dei rapporti personali, lontana dalla realtà.
Si parla di congiunti, ma cosa significa questa parola, è stata spiegata con la locuzione affetti stabili, per fortuna è stata superata un concezione patriarcale ed eminentemente eterosessuale della famiglia, ma sembra talvolta non rendersene conto, soprattutto chi si trova a scrivere le regole, affetti stabili spero comprenda l’amore e l’affetto in ogni sua forma, senza che nessuno si senta escluso o discriminato.
Ma voglio concludere dando voce a chi non ha voce, agli ultimi degli ultimi, a chi lavora in nero, subendo sfruttamento e ricatti, senza il diritto alla sicurezza della propria salute e di una paga adeguata. Si tratta di una situazione che riguarda in numerosi casi il settore primario, dovremmo pensare, a chi ci consente di mangiare e trovare qualcosa sulla tavola; spesso si tratta anche di cittadini senza documenti, ai margini della società, vittime di scelte politiche sconsiderate.
Il nostro impegno è cercare di farli uscire dall’ombra, è inaccettabile questa forma moderna di schiavitù, di cui si serve la malavita e che continua a foraggiare l’illegalità. Non c’è discriminazione più grande che vivere all’ombra e ai margini, soffrendo sulla propria pelle la fatica del lavoro e la tragedia della mancanza di diritti.
Spero di non aver dimenticato nessuno, perché la crisi economica sociale, rende le discriminazioni sempre più vaste e dolorose, invece vanno ulteriormente ampliati i diritti di cittadinanza, come unica risposta sensata ed efficace: tutti si devono sentire cittadini, pronti a dare il loro contributo.
Buon lavoro e un saluto a tutti
Marco Gentili è Co-Presidente dell’Associazione Luca Coscioni. Dalla nascita è affetto da Sclerosi Laterale Amiotrofica, malattia che progressivamente lo ha privato della capacità motoria e comunicativa. Laureato in Relazioni Internazionali ha un Master in Istituzioni Parlamentari Europee. Dal 2012 al 2017 è stato consigliere comunale a Tarquinia. Promotore della campagna che ha portato all’aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza e del nuovo Nomenclatore delle Protesi e Ausili. Ha frequentato la Scuola di Politica di Enrico Letta