“Vittoria”, nome di fantasia scelto a tutela della privacy, era affetta da sclerosi multipla secondariamente progressiva da oltre vent’anni, ed era totalmente dipendente da terze persone anche per lo svolgimento delle attività quotidiane.
Vista la natura progressiva della patologia, e il continuo e irreversibile peggioramento delle sue condizioni, nel marzo 2024 aveva fatto richiesta alla propria ASL per la verifica delle condizioni previste dalla “sentenza Cappato” per poter accedere al suicidio medicalmente assistito.
La ASL nominava la commissione medica multidisciplinare che, effettuate le visite domiciliari, inviava una relazione negativa per mancato soddisfacimento del requisito del “trattamento di sostegno vitale”.
Il collegio legale di studio e difesa Francesco di “Vittoria”, coordinato da Filomena Gallo e composto anche dagli avvocati Francesca Re, Angioletto Calandrini e Alessia Cicatelli, successivamente alla pubblicazione della sentenza n. 135/2024 della Corte costituzionale, diffidava l’azienda sanitaria a una rivalutazione delle sue condizioni con particolare riferimento al “trattamento di sostegno vitale” così come estensivamente interpretato dalla Consulta.
Il ricorso d’urgenza
Successivamente alla diffida, nonostante la ASL avesse comunicato la riattivazione della procedura di verifica delle condizioni di “Vittoria” con nuove visite domiciliari, non pervenendo alcuna relazione da parte della commissione medica e visto il repentino peggioramento delle sue condizioni di salute, il collegio legale sollecitava con nuova diffida la ASL.
In assenza di riscontro anche a quest’ultima diffida, veniva quindi iscritto a ruolo un procedimento d’urgenza affinché il competente Tribunale condannasse la Azienda sanitaria alla rivalutazione delle condizioni di cui alla sentenza n. 242/2019, con completamento della procedura di verifica anche con la descrizione delle modalità esecutive dell’autosomministrazione e quindi con indicazione del farmaco letale, del suo dosaggio e della modalità di autosomministrazione più idonea. Dopo la notifica del ricorso con data di fissazione di udienza e nelle more della prima udienza, l’Azienda Sanitaria adempiva a quanto richiesto per la signora “Vittoria”.
Il collegio legale di “Vittoria” depositava quindi un’istanza di rinuncia agli atti del giudizio avendo la ASL adempiuto ai propri doveri come previsto dalla sentenza n. 242/2019.
Il parere della commissione medica multidisciplinare
Una volta incardinato il procedimento, la ASL in adempimento alle richieste di “Vittoria” trasmetteva la relazione finale della commissione medica multidisciplinare, unitamente al parere del comitato etico territorialmente competente, indicando inoltre anche il farmaco idoneo a provocare una morte indolore e nel più breve lasso di tempo possibile, nel dosaggio adeguato, e il luogo dove procedere all’autosomministrazione. Informava però di non aver reperito del personale sanitario, che su base volontaria, avrebbe assistito “Vittoria” nella fase di autosomministrazione e invitava dunque a individuare un medico di fiducia che potesse assisterla in quella fase.
L’autosomministrazione
“Vittoria”, assistita dal suo medico di fiducia, il Dott. Mario Riccio, procedeva quindi all’autosomministrazione del farmaco letale nel dicembre 2024.
È il secondo caso in Veneto e il terzo caso in Italia in cui l’azienda sanitaria per la persona malata che rispetta le condizioni previste dalla sentenza della Corte costituzionale n. 242/19 e 135/2024 fornisce il farmaco letale e la strumentazione utile alla sua autosomministrazione.
— Ultimo aggiornamento: 8 gennaio 2025 —