La scienza può aiutare la democrazia

scienza e vaccini

Vaccini: no alle barricate. La scienza può aiutare la democrazia

Articolo di Gilberto Corbellini

La scienza è democratica o no?

L’Associazione Luca Coscioni per la Libertà di Ricerca Scientifica difende e divulga da anni la tesi che il metodo scientifico è culturalmente all’origine e alla base del metodo democratico, e che la libertà di ricerca scientifica è condizione necessaria per il buon funzionamento di una democrazia liberale.

Non raramente, ultimo anche il microbiologo Roberto Burioni, nell’ambito della comunità scientifica si afferma che la “la scienza non è democratica”, con riferimento al fatto indiscutibile che nella scienza non vale il principio di maggioranza. Vale a dire che come stanno i fatti non lo decide né una giuria popolare né un parlamento, ma la libera discussione teorica tra scienziati di ipotesi falsificabili e il controllo trasparente della riproducibilità dei dati sperimentali.

Il principio di maggioranza, però, non definisce da solo nemmeno una democrazia in senso moderno, ma se mai un’entità di natura collettivista. Un sistema che di fatto è populista o totalitario, cioè che non ammette altra verità che quella della maggioranza. Nelle democrazie liberali a fare la differenza è lo stato di diritto, cioè la cornice legislativa costituzionale che limita secondo principi e regole definiti l’esercito del potere da parte di qualunque maggioranza popolare. Ne consegue che nemmeno la democrazia liberale sarebbe democratica, nel senso in cui intendono Burioni e diversi scienziati.

In altre parole, non è solo nella scienza che esistono procedure definite per stabilire come stanno davvero i fatti, cioè che non si vota a maggioranza se è la terra che gira intorno al sole o viceversa. Anche la democrazia liberale assume l’esistenza di spazi di libertà e negoziazione dove il principio di maggioranza non vale. Tra queste libertà vi sono quelle personali, incluse le libertà intellettuali, come recita l’articolo 33 della nostra Costituzione. Esistono sufficienti dati storici per dire che la libertà della scienza, che è presupposta dal suo metodo, ha reso possibile pensare e rendere agibili sistemi politici democratici in senso liberale, dove la supremazia della legge e il voto popolare limita e previene l’arbitrarietà nell’esercizio del potere.

Si può dire quindi che la scienza è democratica nella misura in cui la sua libertà impegna chi la pratica a sottoporsi a un controllo da parte dei pari, al rispetto dei fatti e alla comunicazione pubblica dei risultati.

La scienza è uno strumento per valorizzare le libertà democratiche, in quanto apprendendo il suo metodo le persone possono sviluppare un pensiero critico e fare scelte informate o consapevoli, piuttosto che sulla spinta scenari complottisti e credenze superstiziose. Come per esempio stabilire chi ha ragione e chi no sulle vicende dei vaccini.

La scienza è un elemento cruciale per l’esercizio della libertà non condizionata da elementi irrazionali. Ergo gli scienziati dovrebbero concorrere al funzionamento della democrazia cercando di comunicare in modi più efficaci i risultati delle ricerca che conducono usando le tasse di tutti i cittadini, ma soprattutto come funziona il metodo che essi usano.

Non è saggio, in una Paese che ha visto il Parlamento votare le pseudoterapie Di Bella e Stamina, alzare barricate culturali e accettare una politicizzazione dei temi scientifici, peraltro fraintendendo i rapporti storici e culturali tra scienza e democrazia.

In un clima che vede in questi giorni un leader politico chiedere di istituire della giurie popolari per stabilire se i mezzi di stampa riportano o meno correttamente i fatti, sarebbe importante che la comunità scientifica argomentasse con maggiore precisione in che modo e perché la scienza concorre al funzionamento di una democrazia matura.