Da 35 anni le Nazioni unite dedicano la giornata del 26 giugno alla lotta alle dipendenze e al narcotraffico. Dagli anni più bui del proibizionismo scolpiti nel testo della Convenzione internazionale del 1988 e le scriteriate politiche di “un mondo senza droghe” di Pino Arlacchi della fine degli anni Novanta si è arrivati a messaggi, ahinoi per ora soprattutto a quelli, in cui la Comunità Internazionale ha significativamente cambiato l’approccio al “sistema internazionale di controllo delle droghe”. Il tema di questo 26 giugno è “L’evidenza parla chiaro: investire in prevenzione” una ovvietà che non possiamo però dare per scontata – e non solo nei regimi autoritari che continuano addirittura a prevedere la pena di morte per uso personale.
L’Ufficio per le droghe e il crimine dell’Onu (UNODC), diretto da Ghada Waly, ex Ministra egiziana, prima di lei solo russi o italiani, si barcamena tra il necessario rispetto dei diritti umani e i desiderata degli Stati membri più intransigenti cercando di trovare un bilanciamento tra attenzioni socio-sanitarie e lotta al narco-traffico. “Dalle persone con disturbi legati all’uso di sostanze alle comunità alle prese con le conseguenze del traffico di droga e della criminalità organizzata” si legge nel comunicato che ricorda la ricorrenza della giornata internazionale, “l’impatto delle droghe è di vasta portata e complesso. Per affrontare questa sfida è fondamentale adottare un approccio basato sull’evidenza scientifica che dia priorità alla prevenzione e al trattamento”.
La campagna della Giornata Mondiale di quest’anno ci ricorda che politiche efficaci sulla droga “devono fondarsi sulla scienza, sulla ricerca, sul pieno rispetto dei diritti umani, sulla compassione e su una profonda comprensione delle implicazioni sociali, economiche e sanitarie del consumo di droga”. Tra questo “dovere” e le realtà a livello nazionale le cose però non sempre combaciano. Se alla vigilia della sessione plenaria della Commissione Onu sulle droghe viene dato alla stampe il rapporto annuale della Giunta internazionale sugli stupefacenti, INCB, il 26 giugno l’UNODC pubblica il Rapporto Mondiale sulla Droga (sic.) (World Drug Report), per quest’anno l’Ufficio delle Nazioni Unite sulla droga si concentra in particolare sull’emergere di nuovi oppioidi sintetici e gli aumenti record di offerta e domanda di tutte le altre droghe che aggravano l’impatto del problema mondiale portando a un aumento dei disturbi legati all’uso di droghe e dei danni ambientali.
“La produzione, il traffico e l’uso di droghe continua ad esacerbare l’instabilità e la disuguaglianza, causando danni indicibili alla salute, alla sicurezza e al benessere delle persone”, ha affermato Waly, “Dobbiamo fornire cure e sostegni che si basino sulle evidenze prendendo di mira il mercato delle droghe illecite e investendo molto di più nella prevenzione”. Un colpo alla botte e uno al cerchio.
Secondo l’Onu il numero di persone che fanno uso di droghe è salito a 292 milioni nel 2022, un aumento del 20% negli ultimi 10 anni. La cannabis rimane la più utilizzata (228 milioni di persone), seguita da oppioidi (60 milioni), anfetamine (30 milioni), cocaina (23 milioni) ed ecstasy (20 milioni). Non solo non si hanno in numeri relativi al policonsumo ma stiamo parlando di dati elaborati sulla base di quanto condiviso dagli Stati Membri con le Nazioni Unite, numeri che coprono (forse) il 60% della popolazione mondiale.
Sebbene si stimi mondialmente che 64 milioni di persone soffrano di disturbi legati all’uso problematico di droghe, solo una su 11 è in cura. Le donne hanno meno accesso alle cure rispetto agli uomini: solo una su 18 risulta infatti essere in trattamento, rispetto a un uomo su sette.
Nel 2022, sono circa 7 milioni le persone che hanno avuto contatti formali con la polizia (arresti, ammonizioni, ammonizioni) per reati di droga, di cui circa due terzi dovuti al consumo o al possesso di droga per uso alimentare! Inoltre, 2,7 milioni di persone sono state perseguite per reati di droga e oltre 1,6 milioni condannate a livello globale, con differenze significative tra le regioni per quanto riguarda il tipo di pene.
Il Rapporto contiene capitoli dedicati all’impatto della messa al bando dell’oppio in Afghanistan; droghe sintetiche e genere; gli impatti della legalizzazione della cannabis, il “rinascimento” psichedelico; il diritto alla salute in relazione al consumo di droga e come il traffico di droga nel Triangolo d’Oro (Myanmar, Thailandia, Laos) sia collegato ad altre attività illecite e al loro impatto non solo regionale.
L’esempio del sud-est asiatico ci ricorda di come funzionino le organizzazioni criminali: i trafficanti di droga nel Triangolo d’Oro si stanno diversificando in altre economie illegali, in particolare il traffico di animali selvatici, ma anche in frodi finanziarie e l’estrazione illegale di risorse. Le comunità sfollate, povere e migranti, soffrono le conseguenze dell’instabilità e si ritrovano costrette a coltivare l’oppio o partecipare all’estrazione illegale di risorse per sopravvivere, cadendo nella trappola dei debiti con gruppi criminali o facendo uso di droghe innescando un circoli viziosi che portano alla totale dipendenza dei poveri dai criminali per un motivo o per un altro.
Queste attività illecite contribuiscono anche al degrado ambientale attraverso la deforestazione, lo scarico di rifiuti tossici e la contaminazione chimica…
Il Rapporto poi contiene una serie di record negativi che dovrebbero suggerire un ripensamento globale di quanto portato avanti dalle Nazioni Unite in materia di “controllo internazionale delle droghe” cioè di proibizionismo. Nel 2022 è stato registrato un nuovo record di produzione di cocaina: 2.757 tonnellate, un aumento del 20% rispetto al 2021. La coltivazione globale della pianta di coca è aumentata del 12% tra il 2021 e il 2022 raggiungendo 355.000 ettari. L’incremento della domanda e dell’offerta di cocaina ha coinciso con un aumento della violenza negli stati lungo la catena di approvvigionamento, in particolare in Ecuador e nei paesi dei Caraibi, e con un aumento dei danni alla salute nei paesi di destinazione, compresa l’Europa occidentale e centrale. Anche l’Africa inizia ad avere sempre più problemi legati al narco-traffico.
Al gennaio 2024, 27 giurisdizioni negli USA, oltre a Canada e Uruguay, la legge tedesca sarebbe entrata in vigore solo il 1 aprile, hanno legalizzato la produzione e la vendita di cannabis per uso non medico, mentre in altre parti del mondo sono emersi diversi approcci legislativi specie per la coltivazione e l’uso personale. Per le Nazioni Unite in queste giurisdizioni si sarebbe registrato un aumento dell’uso dannoso della pianta favorendo una diversificazione dei prodotti a base di cannabis, molti dei quali ad alto contenuto di THC. Il Rapporto afferma che i ricoveri legati a disturbi derivanti dall’uso di cannabis e la percentuale di persone con disturbi psichiatrici e tentativi di suicidio associati al consumo regolare di cannabis sono aumentati in Canada e negli Stati Uniti, soprattutto tra gli adolescenti. Difficile contrastare queste affermazioni sia perché, come detto, i dati sono di fonte governativa, sia perché fenomeni che diventano legali cancellano lo stigma dell’illegalità dei comportamenti favorendo il ricorso alle istituzioni.
Più possibilista invece l’approccio relativo agli psichedelici. Sebbene l’interesse per l’impiego terapeutico delle molecole anche allucinogene continua a crescere nel trattamento di alcuni disturbi di salute mentale, la ricerca clinica non ha ancora prodotto linee guida scientifiche standard per un uso medico sicuro. Anche qui si lancia l’allarme sostenendo che all’interno del più ampio “rinascimento psichedelico”, i movimenti popolari stanno contribuendo al crescente interesse commerciale e alla creazione di un ambiente favorevole che incoraggia un ampio accesso all’uso non controllato, “quasi terapeutico” e non medico delle sostanze psichedeliche. Questi “movimenti” avrebbero il potenziale di superare le prove terapeutiche scientifiche e lo sviluppo di linee guida per l’uso medico delle sostanze psichedeliche, compromettendo potenzialmente gli obiettivi di salute pubblica e aumentando i rischi per la salute associati all’uso senza supervisione di sostanze psichedeliche. Gli stessi argomenti usati negli anni Sessanta per tabellare le molecole psichedeliche.
Il capitolo tematico più significativo è quello dedicato alla situazione afgana a seguito della drastica diminuzione della produzione di oppio nel 2023 imposta dai talebani per ingraziarsi la comunità internazionale. La jihad dei nuovi signori dell’Afghanistan ha fatto sì che in pochi mesi la produzione sia diminuita del 95% rispetto al 2022 in quel paese ma non ha evitato che la semina si è spostata in Myanmar dove è aumentata del 36%, col risultato che la produzione globale di oppio è diminuita del 74% nel 2023. L’improvvisa contrazione della produzione di oppio in Afghanistan ha reso gli agricoltori afghani più poveri e alcuni trafficanti più ricchi con implicazioni che nel lungo termine interesseranno la purezza dell’eroina disponibile nel mondo. La mancanza di eroina “naturale” ha anche istigato il passaggio ad altri oppioidi sintetici da parte dei consumatori abituali di eroina causando un aumento della domanda di servizi di trattamento con conseguenze ancora tutte da scoprire per quanto riguarda i paesi di transito e di destinazione degli oppiacei. L’eroina afgana è stata sostituita da Fentanil e ossicodone di produzione cinese che raggiunge il mercato USA attraverso il Messico rendendo sempre più cruenta sia la lotta tra bande che il confronto con le autorità federali messicane e statunitensi.
In linea con il messaggio della giornata mondiale, il rapporto sottolinea come il diritto alla salute sia un diritto umano riconosciuto a livello internazionale che appartiene a tutti gli esseri umani, indipendentemente dallo stato di consumo o dal fatto che una persona sia imprigionata, detenuta o incarcerata. Si applica allo stesso modo alle persone che fanno uso di droghe, ai loro figli, alle loro famiglie e ad altre persone nelle loro comunità.
Si tratta di messaggi pubblici che sono anche il frutto di anni di dialogo interno al sistema delle Nazioni unite dove vari uffici hanno cercato di portare il rispetto dei diritti umani al centro dei luoghi dove vengono prese le decisioni. E’ vero che non può mancare l’auspicio che occorra “promuovere la cooperazione internazionale e la collaborazione tra governi, organizzazioni e comunità per sviluppare e attuare strategie basate sull’evidenza per combattere il traffico di droga e la criminalità organizzata, riconoscendo la natura globale del problema della droga e la necessità di un’azione coordinata” ma non era scontato che si arrivasse subito a invitare gli Stati ad aumentare la comprensione “dell’efficacia e del rapporto costi-efficacia delle strategie di prevenzione basate sull’evidenza, sottolineando il loro impatto sulla mitigazione dei danni derivanti dal consumo di droga”. Tra le raccomandazioni agli Stati c’è la necessità di “incoraggiare maggiori investimenti negli sforzi di prevenzione da parte di governi, politici e professionisti delle forze dell’ordine, evidenziando i benefici a lungo termine dell’intervento precoce e della prevenzione”. Seguono suggerimenti per “dotare le comunità degli strumenti e delle risorse per attuare iniziative di prevenzione basate sull’evidenza, favorendo la resilienza contro l’uso di droga e promuovendo soluzioni guidate dalla comunità […] promuovere il dialogo e la collaborazione tra le parti interessate per migliorare le pratiche e le politiche di prevenzione basate sull’evidenza, favorendo un ambiente favorevole alla condivisione delle conoscenze e all’innovazione”.
Da qui in avanti si scade nella comicità involontaria perché si legge “1) aumentare la consapevolezza sull’importanza dell’impegno e della partecipazione della comunità nella progettazione e implementazione di programmi efficaci di prevenzione della droga, consentendo alle comunità di assumersi la responsabilità degli sforzi di prevenzione. 2) fornire ai giovani le conoscenze, le competenze e le risorse per diventare agenti di cambiamento nelle loro comunità, sostenendo iniziative di prevenzione della droga e amplificando le loro voci nel dibattito. 3) sostenere l’elaborazione di politiche basate sull’evidenza a livello nazionale e internazionale, garantendo che le politiche sulla droga siano fondate sulla ricerca scientifica e informate dalle migliori pratiche”.
La Comicità aumenta se queste ultime raccomandazioni vengono incrociate con le dichiarazioni, in alcuni casi falò, che si leggono per celebrare il 26 giugno. E l’Italia, nella figura del Sottosegretario Alfredo Mantovano non sono estranee alla farsa