Intervento di Marco Gentili durante la quarta sessione dell’incontro Coronavirus scienza e diritti
Buongiorno. Eccoci di nuovo insieme, non è cosa da poco, in questo tempo. Di seguito alcune mie considerazioni sui sistemi sanitari e sulle direzioni da intraprendere per una loro possibile e futura riforma, per farli diventare più performanti soprattutto nell’evitare di gestire la sola emergenza.
Il primo impatto della pandemia da Covid – 19 è stato quello sui sistemi sanitari, in particolare pubblici, sulla loro capacità, non solo di fornire cure adeguate a chi ne ha bisogno, ma anche di fare da diga nel rallentare il repentino diffondersi, attraverso strategie adeguate.
Ho volutamente sottolineato la parola pubblici, dato che la tutela della salute, come diritto fondamentale del cittadino, si realizza essenzialmente attraverso il sistema sanitario nazionale, come accade in Italia e in altre nazioni; dove questo non esiste, negli USA, sono ben visibili le disastrose conseguenze.
Una delle azioni, a tutela della pubblica salute, è senza dubbio la programmazione, importante tanto quanto la gestione dell’emergenza; i fatti di cronaca cui stiamo assistendo, mostrano come purtroppo tale aspetto sia stato sottostimato e rimandato ad un futuro prossimo, che alla fine è arrivato e ha presentato il conto. Da anni, molti scienziati e ricercatori, paventavano il rischio di una pandemia, anche in relazione ai repentini e terribili cambiamenti climatici, con una serie di allarmi, ovunque sono rimasti inascoltati.
Quindi una volta che il fenomeno, indicato dai più avveduti come una delle emergenze per il futuro, si è paventato, le varie istituzioni non si sono trovate pronte; a poco è servito anche l’esempio delle nazioni dove in precedenza si sono verificati i primi casi. Il SSN, presentato dopo la riforma del 1978, dopo oltre 40 anni come un’istituzione da rottamare, in nome del libero mercato, del privato a tutti i costi, è stato l’unico argine e l’unica trincea. La sciagurata regionalizzazione dello stesso, oggetto anche di una controversa riforma costituzionale, forse approvata con troppa superficialità e non calibrandone le conseguenze, ha fatto si, che la risposta sul territorio nazionale, non sia stata univoca. Dove è maggiormente organizzato e più vicino territorialmente al cittadino, come in Emilia Romagna, in Veneto, fin da subito ha permesso di approntare le risposte più adeguate; dove invece il diritto alla salute, ha dovuto fare i conti con il profitto per i privati, si è creata la situazione più difficile da gestire.
er anni è stato presentato il sistema sanitario Lombardo come una delle eccellenze europee, in tale presunta eccellenza, per una precisa scelta politica, sono state messe sullo stesso piano la sanità pubblica e quella privata, finanziata con enormi somme di denaro. Finora questo sistema ci aveva abituato a continui scandali, nei quali è stata coinvolta un’intera classe dirigente, finché in questi giorni, nonostante le polemiche, la propaganda, si stanno iniziando a palesare troppi limiti e disfunzionalità, forse la causa di tragedie senza fine.
Aver puntato, non su un sistema sanitario diffuso sul territorio, ma sui grandi presidi ospedalieri pubblici e privati, ha fatto si, che la mancanza di controlli, abbia fatto diffondere il virus oltre ogni limite immaginato. Poca cosa inoltre, è stata la risposta della sanità convenzionata, all’emergenza creatasi, rispetto ai profitti realizzati; tale logica del profitto è stata il motivo per cui intere zone non sono state chiuse, fino alla necessità di dover soccorrere migliaia di persone e alla lacrime per la scomparsa di altre migliaia.
L’incapacità dei manager privati, di provvedere alla salute pubblica, è poi venuta fuori, in tutta la sua virulenza, nelle Residenze Sanitarie Assistite, diventate persino il ricovero per coloro che erano già stati contagiati, sempre per aumentare il fatturato con il rimborso delle spese sostenute per gli ulteriori ospiti.
Molti hanno provato a immaginare che se il dramma della pandemia avesse colpito le regioni del Sud, avrebbe avuto come conseguenza un’ecatombe senza fine, assai peggiore della presente. Si sono però intraviste in queste settimane dei numerosi raggi di luce, riguardo l’eccellenza della ricerca di nuove terapie, come in Campania o la capacità di aver approntato nuove strutture per far fronte all’aumento dei contagiati.
Potrebbe essere l’occasione per iniziare a superare l’atavico gap con il nord Italia, infatti si è pensato ad una riconversione successiva di queste strutture, per rispondere alle necessità del territorio.
Tale lungimiranza non si è vista in altre regioni, dove la sanità ha mostrato i maggiori affanni, come in Sicilia, dove si continua con la propaganda fine a se stessa, gli show dei sindaci, le ordinanze da far bocciare ai TAR, o in Calabria, dove fatalisticamente si aspetta il peggio o ci si limita a chiudere le zone rosse.
Visto che la fase di emergenza, fortunatamente sembra essere destinata ad un alleggerimento nel corso delle prossime settimane, è giusto interrogarsi per il futuro, anzi, dico di più, è diventata un’esigenza imprescindibile. Innanzitutto, ha fatto venir meno, la necessità di tutte le paventate riforme in senso federalista, di devoluzione di poteri dallo Stato Centrale alle Regioni. Non è possibile salvarsi se non attraverso un forte coordinamento centrale, anche laddove la Sanità funziona meglio, innumerevoli sono state le richieste al Governo e iniziative locali, hanno avuto successo, solo con il supporto di quest’ultimo.
Ugualmente ha mostrato tutti i suoi limiti una politica miope, che si è limitata a far quadrare i bilanci, con frequenti tagli lineari alle risorse destinate al Sistema Sanitario nazionale; ad esempio l’Italia risulta essere l’ultima in Europa per posti letto, medici, infermieri in rapporto al numero di abitanti, in particolare per ciò che riguarda la terapia intensiva.
In Germania, nonostante l’alto numero di contagi, i decessi sono stati inferiori e di molto rispetto all’Italia, proprio per la rete ospedaliera e i posti in terapia intensiva, alla possibilità di fare innumerevoli tamponi per rintracciare i contagiati. Per il futuro ci auguriamo tutti che non avvengano più riduzioni del fondo per la sanità pubblica, anzi che sia incrementato; allo stesso modo va ripensato il rapporto con il privato, finora addirittura finanziato con quelle stesse risorse, sottratte ai servizi pubblici.
Allo stesso modo, mi auguro che la politica faccia un passo indietro, visto che finora la sanità è stata il principale campo di battaglia e fonte di sostentamento; le asl, gli ospedali sono stati oggetto degli appetiti di troppa parte politica, che anzi li ha spartiti, come fossero un bottino. Devono prevalere altre logiche, il merito, la competenza e non l’obbedienza politica, si tratta di due strade che vanno nettamente separate, non è più tollerabile, che posizioni dirigenziali siano riservati a chi porta consensi, se non ai non eletti, alle varie competizioni, come per premiarli dell’impegno profuso, a caccia del consenso.
Ma il limite principale da superare è la logica emergenziale, un servizio pubblico così essenziale, come la tutela della salute, non deve limitarsi a gestire il presente, ma deve programmare, anticipare, dare, secondo una metafora, le carte del mazzo, non seguire e farsi trascinare dagli eventi.
Spero di essere risultato chiaro, ho cercato i far prevalere una logica del buon senso , senza volermi erigere a esperto di ogni cosa, modalità che oggi contagia, questa si, troppe persone.
Se non lo sono stato perdonatemi!
Marco Gentili è Co-Presidente dell’Associazione Luca Coscioni. Dalla nascita è affetto da Sclerosi Laterale Amiotrofica, malattia che progressivamente lo ha privato della capacità motoria e comunicativa. Laureato in Relazioni Internazionali ha un Master in Istituzioni Parlamentari Europee. Dal 2012 al 2017 è stato consigliere comunale a Tarquinia. Promotore della campagna che ha portato all’aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza e del nuovo Nomenclatore delle Protesi e Ausili. Ha frequentato la Scuola di Politica di Enrico Letta