Caregiver, l’importanza dimenticata dal legislatore

Certamente anche questo argomento oggi discusso è per me di fondamentale importanza, io non sarei qui con voi se non avessi un caregiver; la mia situazione è quella di milioni di persone che dipendono dall’altrui assistenza, prestata non tanto per libera scelta ma perché spesso costretti dalle circostanze della vita a prendersi cura di un familiare non autosufficiente, in generale una situazione che costa poco o nulla allo Stato ma che fa risparmiare un sacco di soldi.

Non sono comparse, le stesse rilevazioni statistiche permettono di quantificare oltre due milioni di persone impegnate come caregiver per la totalità del loro tempo, in genere donne, esseri umani in carne ed ossa, ma che per lo Stato non ricoprono alcun ruolo ufficiale nella gestione di problematiche difficili se non drammatiche.

Manca infatti il riconoscimento legislativo, giuridico del valore sociale ed economico della figura non professionale del caregiver, solo negli ultimi anni sono stati previsti alcuni benefici economici, per i quali speriamo sia sempre garantita un’adeguata copertura finanziaria, senza però la previsione di specifiche normative volte a dare una cornice ufficiale per chi svolge un ruolo essenziale: compresi coloro che non sono impegnati a tempo pieno, in Italia circa otto milioni di persone assistono chi ne ha bisogno. Davanti a questa moltitudine, invece che dimostrare la giusta riconoscenza, si preferisce quasi dimenticarla e lasciarla senza diritti.

Laddove sono presenti alcune tutele, riguardano in genere chi ha un lavoro stabile oltre il prestare assistenza, legate al riconoscimento della legge 104 e comunque non sufficienti, basti pensare alla necessità di apposite normative previdenziali tuttora negate, per garantire una pensione degna, servirebbe infatti una contribuzione figurativa per assicurare continuità, così da coprire i periodi dove ci si è assentati dal lavoro per prestare assistenza nelle situazioni di bisogno.

Le condizioni di coloro che dovendo occuparsi per la totalità del loro tempo di persone non autosufficienti, non hanno potuto accedere neanche parzialmente al mondo del lavoro sono ancora più drammatiche: queste persone continuano a rimanere prive non solo di un riconoscimento giuridico ufficiale, ma anche del loro valore sociale e della loro dignità di esseri umani. In molte situazioni non sono garantiti neanche i diritti essenziali e il poter provvedere ai bisogni più impellenti, così il nostro impegno a questo scopo deve essere diretto.

È arrivato il momento di una presa di coscienza collettiva, che definisca legislativamente alcuni punti fermi per coloro che a tempo pieno svolgono la funzione essenziale di caregiver:

  • Il diritto alla salute, con la possibilità di veder accorciati i tempi di attesa;
  • Il diritto al riposo e alle ferie, che non siano certo solo i permessi della legge 104;
  • Il diritto ad una vita sociale e alle relazioni umane;
  • Il diritto a poter godere delle giuste contribuzioni per una pensione sufficiente ad una vita degna.

Qua e là si notano i primi passi in avanti, come ad esempio la normativa approvata dalla Regione Lazio, che prevede l’inserimento della figura del caregiver nel Piano Assistenziale Individualizzato, così da garantire il riconoscimento ufficiale di tale ruolo, fino a forme specifiche di previdenza, alla possibilità di alcuni periodi di riposo, oltre un’adeguata formazione per districarsi fra le maglie della burocrazia, necessaria per conoscere i provvedimenti legislativi che possano garantire un’assistenza adeguata a chi ne ha bisogno.

Quello che manca è un’uniformità di intenti e di normative, valide per tutti, considerando soprattutto che nella maggior parte dei casi, i caregiver vedono crescere la propria età in contemporanea all’assistito e l’età rende il tutto più complicato e meno efficiente, considerando anche una vita che spesso impatta necessariamente con un ruolo di assistenza portato fino allo stremo delle forze.