In un documento congiunto pubblicato il 26 giugno scorso, rappresentanti di tutti i gruppi di speciali di esperti delle Nazioni Unite* hanno lanciato alla comunità internazionale un accorato appello perché si ponga fine alla “guerra alla droga” sostituendola con politiche che pur mantenendo un controllo delle sostanze “stupefacenti” rispettino pienamente tutti i diritti umani.
Gli esperti si appellano alla comunità internazionale affinché si sostituiscano “le punizioni con la cura e si promuovano politiche che rispettino, proteggano e realizzino i diritti di tutte le comunità”. Dopo 60 anni sarebbe utile che l’Organizzazione delle Nazioni Unite non agisse più a compartimenti stagni e, soprattutto, in violazione dei suoi principi fondamentali e fondativi.
“La ‘guerra alla droga’”, si legge nel comunicato di lancio del documento del lavoro “mina la salute e il benessere sociale e impiega risorse pubbliche senza sradicare la domanda o il mercato delle droghe illegali”. Senza mai chiamarlo tale, finalmente si imputa al proibizionismo la nascita di narco-economie locali, nazionali e regionali che erodono risorse allo sviluppo lecito di quelle stesse comunità.
Il rapporto fa seguito a un documento del 2021 del gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria che aveva denunciato come in molte zone del mondo la “guerra alla droga” provoca incarcerazioni di massa, profili razziali, perquisizioni e sequestri, detenzione preventiva eccessiva, violazioni di leggi e procedure oltre che condanne sproporzionate e criminalizzazione di chi usa le sostanze. Violazioni di diritti umani che si aggravano quando perpetrate nei confronti di gruppi più fragili come donne, bambini e minoranze e in paesi non democratici.
In 60 anni di leggi e politiche applicate senza alcuna valutazione localmente quanto a livello transnazionale ci viene ricordato che tutti i diritti umani sono stati conculcati: lavori forzati, tortura, giusto processo salute (comprese le cure palliative per cui le Convenzioni Onu erano state scritte) discriminazioni di ogni tipo fino a colpi mortali a culture e libertà di espressione, religione, associazione e all’ambiente.
Non di rado, e non solo in regimi autoritari, si assiste a torture e maltrattamenti, oltre che mancanza di garanzie di un processo equo. La lista prosegue con uccisioni extragiudiziali, come nelle Filippine, fino al ricorso alla pena di morte – in 30 paesi. E’ bene chiarire, se mai ce ne fosse bisogno, che gli esperti dell’Onu si riferiscono a condotte governative e non della criminalità organizzata. L’abuso del diritto penale per punire che traffica o usa sostanze proibite è, per eccellenza, la pena di morte, che, per il diritto internazionale, può essere comminata solo per i “crimini più gravi” come l’omicidio intenzionale.
Uno dei principi fondamentali dei diritti umani codificato in decine di trattati i cui strumenti di ratifica sono stati depositati al Palazzo di Vetro è la “non discriminazione”, leggendo il documento se ne desume che il “controllo internazionale delle droghe” è fonte inesauribile di discriminaizoni dovunque e contro chiunque: persone di origine africana, popolazioni indigene, bambini e giovani, persone con disabilità, anziani, e ch vive con l’HIV /AIDS. Inoltre lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali, senzatetto, sex workers, migranti, disoccupati ed ex detenuti. Gli esperti segnalano una crescente penalizzazione nei confronti delle donne sempre più coinvolte in tutta la catena dalla produzione alla vendita al dettaglio.
Eppure l’Onu stessa, nell’adottare la posizione comune di tutto il sistema in materia di droghe, ha ricordato che l’uso personale di sostanze illecite dovrebbe esser trattato, eventualmente, come una questione sanitaria da affrontare con politiche basate sui diritti umani, tra cui educazione alla salute pubblica, fornitura di cure – anche per la salute mentale – assistenza, sostegno, riabilitazione e programmi di transizione/reinserimento. In una formula; la riduzione del danno, perché somministrata su base volontaria informata.
Non è la prima volta che degli esperti esperti indipendenti si appellano alla “comunità internazionale” affinché si invertano scelte riaffermate per inerzia. Questo documento in particolare urge che “le punizioni” vengano sostituite con la cura e si promuovano politiche che rispettino, proteggano e realizzino i diritti di tutte le comunità”.
Dopo 60 anni di proibizionismo l’Onu dovrebbe riformare radicalmente il proprio modo di agire, far tesoro delle critiche costruttive di chi analizza l’impatto dell’interpretazione da populismo penale delle tre Convenzioni che, ormai è patente, hanno fornito giustificazioni a sistematiche violazioni dei suoi fondamentali e fondativi delle Nazioni Unite.
*Gli esperti: Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria, gruppo di lavoro sulla discriminazione nei confronti di donne e ragazze; Relatore Speciale sul diritto a un alloggio adeguato; gruppo di lavoro di esperti sulle persone di origine africana; Relatore Speciale sui diritti alla libertà di riunione pacifica e di associazione; Relatore speciale sulle implicazioni per i diritti umani della gestione e dello smaltimento ecologicamente corretti di sostanze e rifiuti pericolosi; Esperta Indipendente sul godimento di tutti i diritti umani da parte delle persone anziane; Relatore Speciale sulle forme contemporanee di schiavitù, comprese le sue cause e conseguenze; Relatore Speciale sulla situazione dei diritti umani nella Repubblica Islamica dell’Iran; Relatore Speciale sulla tratta di persone, in particolare donne e bambini; Relatore speciale sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie; Relatore speciale sulla violenza contro le donne.