➡ Chi è Gloria

Gloria, una donna toscana di 70 anni, era affetta da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), ossia un restringimento persistente delle vie aeree che determinava gravi difficoltà respiratorie.

Visto il continuo peggioramento delle sue condizioni e l’aggravamento dei sintomi, nel febbraio 2024 aveva fatto richiesta alla propria azienda sanitaria, la USL Toscana Centro, per la verifica delle condizioni previste dalla “sentenza Cappato” per poter accedere al suicidio medicalmente assistito.

Un mese dopo la sua richiesta otteneva la relazione della USL Toscana centro: era confermata la presenza di tutti e quattro i requisiti previsti dalla Corte costituzionale ma non era indicato il farmaco letale, il suo dosaggio, le metodiche di sua autosomministrazione né tantomeno se la fornitura dello stesso sarebbe stata eseguita dalla stessa ASL.

La relazione era quindi incompleta e nonostante diversi solleciti inviati dai legali* di Gloria, coordinati dall’Avvocata Filomena Gallo, in cui si evidenziava che, ai sensi della sentenza n. 242/2019 della Consulta, è compito della azienda sanitaria quello di indicare nella propria relazione finale anche le modalità esecutive del suicidio medicalmente assistito e quindi di indicare farmaco letale, dose necessaria e strumentazione per la sua autosomministrazione, la USL Toscana Centro non completava la propia relazione con anche queste indicazioni.

L’azienda sanitaria chiedeva invece che fosse Gloria, tramite il proprio medico di fiducia, a indicare il farmaco letale, nel dosaggio necessario a provocarne una morte rapida e indolore, e la modalità di sua autosomministrazione. 

Gloria, per il tramite del proprio medico di fiducia e attraverso i suoi legali, inviava alla ASL questo protocollo medico, che veniva approvato dall’azienda sanitaria dopo ulteriore sollecito legale e dopo cinque mesi dalla richiesta di verifica, ma che continuava a negare il proprio dovere di fornitura del farmaco letale, della strumentazione per la sua autosomministrazione e di indicazione del personale sanitario che, su base volontaria, avrebbe assistito Gloria durante la procedura.

➡ Il ricorso d’urgenza

Gloria, con i suoi legali, proponeva quindi un procedimento d’urgenza davanti al Tribunale competente affinché condannasse la USL Toscana Centro a concludere la procedura e quindi a fornire il farmaco letale, la strumentazione per la sua autosomministrazione nonché a individuare il personale sanitario, su base volontaria, avrebbe assistito Gloria nella fase di autosomministrazione.

Si costituiva in giudizio la USL, che continuava ad asserire il rispetto dei compiti a essa demandati dalla Corte costituzionale e che quindi non aveva alcun obbligo di fornitura del farmaco letale e della strumentazione per la sua autosomministrazione né di indicare il personale sanitario che avrebbe assistito Gloria negli ultimi istanti di vita.

Il Tribunale rigettava il ricorso di Gloria ritenendo, in sintesi, che l’USL avesse garantito la verifica dei requisiti per accedere al suicidio medicalmente assistito secondo i dettami della sentenza “Cappato/Antoniani” della Corte costituzionale. Non solo, ma affermava che Gloria poteva permettersi l’acquisto autonomo del farmaco letale, perché non indigente, e quindi che il SSR non aveva alcun obbligo di fornitura nei suoi confronti.

 ➡ Il reclamo

Gloria, con i suoi legali, proponeva reclamo contro la decisione del Tribunale, chiedendo la condanna della USL Toscana Centro ad adempiere anche alla cd. “fase esecutiva” della procedura di suicidio medicalmente assistito.

Evidenziava la grave discriminazione posta alla base della decisione del Tribunale: solo perché economicamente capace doveva acquistare autonomamente il farmaco letale e che in ogni caso il farmaco individuato era erogabile solo tramite farmacie ospedaliere.

Veniva inoltre ricostruita tutta la vicenda Cappato/Antoniani e tutti i casi di accesso al suicidio medicalmente assistito dopo la sentenza n. 242/2019, così da evidenziare come sia un obbligo in capo al SSN quello di erogare il farmaco letale e la strumentazione per la sua autosomministrazione.

Il 29 gennaio 2025, a dieci mesi di distanza dalla richiesta di Gloria, si celebrava l’udienza davanti al collegio, che riservava la decisione. L’USL ribadiva in udienza che Gloria per legge aveva diritto alla sedazione profonda, se richiesta, e la permanenza in hospice pubblico le consentiva di procedere in tal senso, ma che non avrebbero fornito nessun farmaco neppure a pagamento come da disponibilità di Gloria.

Tuttavia a causa di un ulteriore aggravamento delle sue condizioni, nel rispetto delle sue dichiarazioni anticipate di volontà, il 7 febbraio Gloria iniziava la sedazione profonda e continua.

Dopo due giorni, la mattina del 9 febbraio 2025, Gloria è morta come non avrebbe voluto: aveva infatti espresso a gran voce il suo desiderio di morire autosomministrandosi il farmaco letale, in piena coscienza e lucidità fino all’ultimo. Ma le è stato negato, in attesa della giustizia che è stata più lenta della sua malattia e in attesa che la USL conformasse il suo comportamento ai doveri previsti dalla Corte costituzionale come già è avvenuto in Veneto e Friuli Venezia Giulia.

L’azienda sanitaria, appena avuto notizia della morte di Gloria, depositava un’istanza di cessazione della materia del contendere e sulla quale il giudice chiedeva alla difesa di Gloria di prendere posizione.

Con proprie note autorizzate, il collegio legale di Gloria evidenziava l’importanza della decisione che il Tribunale di Firenze era chiamato ad assumere al fine di garantire e tutelare il diritto ad autodeterminarsi nelle scelte di fine vita. Difatti, accogliere la richiesta dell’azienda sanitaria e dichiarare la cessazione della materia del contendere, senza pronunciarsi sull’obbligo della stessa ASL di fornire farmaco letale e la strumentazione utile per la sua autosomministrazione, nonché di individuare il personale sanitario che su base volontaria avrebbe assistito alla procedura, avrebbe significato lasciare un grave vuoto di tutela in materia di obbligo dell’azienda sanitaria sulla fase esecutiva della procedura con gravi conseguenze per future richieste di verifiche delle condizioni ai sensi della sentenza 242/2019 da parte di altre persone malate.

Insistevano quindi per una pronuncia in punto di diritto del Tribunale sull’obbligo dell’azienda sanitaria ad adempiere anche alla fase esecutiva della procedura di suicidio medicalmente assistito.

Il Tribunale decideva con ordinanza in cui evidenziava che la richiesta di Gloria non era quella di una prestazione a carico del SSR in “senso tecnico”, bensì che la ASL fornisse la propria cooperazione mettendo a disposizione i farmaci (non reperibili privatamente) e la strumentazione di tipo e uso ospedaliero per l’autosomministrazione. Confermando che la ASL aveva il dovere di fornire a Gloria questa sua cooperazione.

* Collegio legale di studio e difesa di Gloria coordinato dall’avvocata Filomena Gallo e composto dagli avvocati Angioletto Calandrini, Francesca Re e Alessia Cicatelli