Quando mi sono congratulato con d’Elia per il suo intervento, lui si è meravigliato perché mi considerava dalla parte degli scienziati “arroganti” (su cui aveva insistito). In realtà d’Elia, secondo me, non si è reso conto di aver detto delle cose molto … “scientifiche”. La mia lettura del suo intervento non è l’enfatizzazione dell’aspetto naturalistico, quasi ideologico, da lui espresso con un linguaggio un po’ aulico, con il quale però diceva cose consonanti con quello che penso io.

Per me il problema è quello del dualismo tra determinismo e probabilismo o anche tra valori medi e valori con uno spettro di alternative. Infatti troppo spesso si ragiona sui valori medi come se fossero “la” verità. Nella matematica usuale ci sono i teoremi che dicono: se è vero A, allora segue B (in modo un po’ discorsivo, si potrebbe dire “A è la causa di B”). Nella logica probabilistica, invece, se è vero A, è vero B1, oppure B2, oppure B3 …, cioè un insieme di possibili conseguenze con le relative assegnazioni di probabilità. Quindi non c’è una premessa che dà sicuramente una conclusione, c’è una premessa che dà uno spettro di conclusioni, e questo fatto rende il problema più complicato, perché è più comodo (anche nella psicologia dello scienziato) avere più certezze possibili e meno … “misteri” (come ha detto qualcuno in un precedente intervento). Ma non si tratta di misteri, ma solo di varie conseguenze possibili, con probabilità diverse (per esempio, nessun sintomo patologico corrisponde in genere ad una sola malattia), Inoltre, quando si fanno i protocolli di cura, si considera di solito il malato “medio”. Secondo me, è anche questo ciò che voleva dire d’Elia con il suo attacco contro i protocolli. D’altra parte, nemmeno i numeri del lotto sono così … “gentili” da uscire regolarmente, ogni 18 settimane (parlo dell’estratto semplice, che ha probabilità 1/18), e magari un numero esce per due settimane di seguito, ma i casi più noti sono quelli dei numeri che escono “in ritardo” (linguaggio che riflette la … fiducia nel valore medio), cioè numeri che se ne fottono del valore medio ed escono quando gli pare. Se lo fanno i numeri del lotto di non rispettare il valore medio, figuriamoci nel campo medico in cui c’è anche la difficoltà di valutare le probabilità, mentre al lotto è facile. Non esiste una malattia che ha una sola causa.

Un altro aspetto che d’Elia ha evidenziato, attaccando il concetto stesso, univoco, di malattia, è quello del ruolo diverso di ciascun individuo. Infatti ogni individuo, pur in presenza della “stessa” (?) malattia, ha reazioni diverse, ed allora va trattato individualmente e non con il protocollo medio. Pensate alla cosiddetta distribuzione gaussiana. Molti fenomeni si basano su questa distribuzione, nel senso che la maggioranza degli individui sono intorno al centro, e poi ci sono le cosiddette “code” della distribuzione. Faccio un esempio banale: le stature. Se uno fa un grafico mettendo in ascissa le stature e in ordinata quante persone hanno quella statura, considerando tutta la popolazione mondiale trova che la maggioranza delle persone è, per esempio, intorno a 1,75 – 1,80. Questo dato si trova al centro della curva; mentre nelle code da una parte (a sinistra) ci sono i pigmei, dall’altra i watussi, che sono rispettivamente le stature basse e le stature alte. Se (per assurdo) le diverse stature corrispondessero a diversi sintomi di una malattia, e uno la dovesse curare, applicando a tutti un protocollo medio non terrebbe conto dei pigmei (e neanche dei nani del circo) e dei watussi (In termini di probabilità, preso un individuo a caso, la probabilità che sia un watusso o un pigmeo è diversa – molto minore – rispetto a quella che sia un “individuo medio”).

L’attacco di d’Elia era legato al fatto che i protocolli medici sono fatti in modo generale, mentre invece andrebbe tenuto conto che c’è il malato che sta sulle “code” (spero che questo esempio sia risultato chiaro), così come sulle code delle frequenze c’è il numero 37 se per 100 settimane non esce sulla ruota di Napoli. Quindi, come dicevo, se persino i numeri a lotto (estratti con procedura che potremmo chiamare meccanicista) se ne fregano di rispettare la legge del valore medio, figuratevi i fenomeni aleatori della medicina. Quindi, tornando all’intervento di d’Elia, direi che, al contrario dell’aforisma di Socrate che diceva che il saggio è colui che sa di non sapere, invece d’Elia non sapeva di sapere che stava parlando in termini scientifici. Concludo ribadendo il rifiuto di una visione solo deterministica del mondo, in cui ogni effetto deve avere una causa. Certo, questa è una schematizzazione più facile, invece è più difficile tener conto di realtà più complesse, e quindi talvolta si tende a considerare un rompiscatole chi lo fa. Mi pare che posso fermarmi qui.