Buonasera a tutti. Un ringraziamento all’Associazione Coscioni per avermi invitato come di fatto ogni tanto accade. Mi fa sempre piacere venire perché ascolto tematiche che per me sono ovviamente di grande interesse, perché sono anche tematiche che mi capita di dover affrontare all’interno del Comitato Nazionale di Bioetica. Io sono anche grato a Marco che mi presenta come il vicepresidente vicario di questo comitato, perché probabilmente lui pensa che tutti sappiano che cos’è il Comitato Nazionale di Bioetica, e invece credo che pochissimi di voi sappiano che cos’è il Comitato Nazionale di Bioetica, perché diversamente da quella che sembrerebbe essere la disattenzione della politica nei confronti di questi temi sensibili – stamattina quando l’onorevole Bonino parlava non tanto di temi e problematiche sensibili ma di diritti, lei dice all’epoca nostra si chiamavano diritti fondamentali, io devo dire la verità che queste vicende tecnico-scientifiche investono problemi di diritto fondamentale. Comunque volevo dire che quando l’amico Cappato mi ha presentato come vicepresidente del Comitato Nazionale di Bioetica ho pensato, ma dà per presupposto che tutti sappiano che cos’è ma le cose non stanno esattamente in questo modo. È comunque un organismo stranamente di nomina politica e di nomina da parte della Presidenza del Consiglio, dove vi sono un certo numero di membri, una trentina di membri circa che discutono specificatamente queste problematiche. E devo dire la verità che mi piacere pensare che l’aver sentito oggi proprio in ordine – penso al professor Santosuosso, che ha parlato di neuroscienze e quindi di potenziamento, penso a Filomena Gallo che ha parlato di rifiuto delle cure, a coloro che hanno anche parlato di inizio e fine vita, penso al problema delle carceri, penso anche a problemi ancora più recenti che sono stati affrontati, quelli relativi al mondo animale, quindi all’etica del mondo animale – sentendo ogni volta affrontare questi temi, be’ questi temi mi hanno riportato a un qualche parere scritto dal Comitato Nazionale di Bioetica. Di fatto però poi in realtà questi pareri difficilmente o raramente vengono poi presi in considerazione dal mondo politico. Sembra assurdo, veniamo nominati dalla politica, nel mondo della politica, però poi la politica quando va a legiferare non sempre pone particolare attenzione a questi documenti. Eppure abbiamo anticipato tante cose, ché abbiamo anticipato tanto per farvi un esempio la legittimità del testamento biologico, un tema a me estremamente caro. Però io vado a vedere la normativa in corso sulle problematiche concernenti il rapporto medico-paziente, mi sconcerto perché di quel parere non trovo praticamente niente, poco e niente, e mi trovo davanti a una normativa la quale certamente il rispetto di questi diritti fondamentali, che sono a volte poi dei diritti costituzionali, non ne tiene poi un granché di conto. Così potrei dire di altro, potrei dire anche della legge 40 sotto altri profili. Però probabilmente bisogna anche farsene un po’ una ragione della carenza a volte legislativa nei confronti di queste vicende dove il loro contenuto è un contenuto fortemente etico. Noi viviamo in una società pluralista, viviamo una società dove vi sono etiche contrapposte, dove nessuno realmente è portatore di verità, e guai a immaginare che una verità debba essere necessariamente imposta a scapito di un’altra verità. E allora quale sarebbe il compito del legislatore? Il compito del legislatore sarebbe quello che a fronte di situazioni complesse da regolamentare trovi il modo di svolgere anche una mediazione molto alta fra queste vicende dove non vi è un consenso, non vi è un assenso di opinioni, ma vi è come ho detto prima un’etica molto spesso contrapposta, vi è un pluralismo etico. Questa capacità, voglio dire del nostro legislatore, di affrontare attraverso mediazioni alte questi problemi fino ad oggi devo dire la verità, soprattutto negli ultimi tempi, mi sembra essere fortemente mancata. Il problema, torno a dire, è quello che poi, in fin dei conti, queste problematiche sono di fatto molto complesse. Anche quando noi le andiamo a trattare, ci rendiamo conto come Comitato tendenzialmente avanziamo delle argomentazioni, ma che è anche altrettanto facile presentare delle controargomentazioni. E allora lo voglio ricordare brevemente, il compito di questo Comitato è quasi sempre quello di illustrare all’organo politico quali sono le diverse possibili posizioni, trovare anche all’interno del Comitato dei punti di contatto, dei punti condivisibili, dei punti irrinunciabili e poi sperare che il legislatore riesca a fare la sua scelta nel modo migliore. Chi sembra aver tenuto conto delle indicazioni che sono provenute proprio da un parere del Comitato Nazionale di Bioetica, sono delle normative che hanno voluto affrontare recentemente – tra il 2011 mi pare e forse il 2010 – il problema dei cosiddetti embrioni residuali. Mi riferisco in modo specifico alle normative che sono state poi anche presentate dai progetti di legge che sono stati presentati da correnti di pensiero politico diverse. Noi abbiamo l’iniziativa dei deputati Palagiano, che porta il nome “Disposizioni per consentire l’impianto degli embrioni abbandonati giacenti presso i centri italiani di procreazione medicalmente assistita”, questo è addirittura del 2009, mentre abbiamo l’iniziativa di Farina Coscioni e di altri, “Norme in materia di donazione degli embrioni a fini di nascita e destinazione dei medesimi a fine di ricerca scientifica”, e questo è dell’aprile del 2011. E ancora nel novembre del 2011 abbiamo un’altra iniziativa del deputato Bocciardo sempre sull’adozione degli embrioni sovranumerari. E ricordo che anche qui vi è stato ante litteram un parere del Comitato Nazionale di Bioetica nel 2005, che portava proprio come nome “Adozione per la nascita degli embrioni crioconservati residuali derivanti da PMA”. Qual è il problema? Il problema è che praticamente ante legge 40 ma anche successivamente alla legge 40 noi abbiamo avuto in Italia un gran numero di embrioni formati, ma embrioni sovranumerari che non sono arrivati a nascita e che noi diciamo possono essere considerati come degli embrioni abbandonati. Generalmente questo genere di embrioni sono embrioni crioconservati. La crioconservazione degli embrioni, tenete presente che in qualche modo non è vietata dalla legge 40, apparentemente lo sarebbe però di fatto poi le linee guida del 2004 e poi anche del 2008 hanno riconosciuto la possibilità di addivenire alla crioconservazione. Per cui il numero degli embrioni crioconservati nel tempo è andato crescendo, non è diminuito, ed è ancor più cresciuto proprio a seguito della decisione della Corte Costituzionale, quella sentenza, la 151 del 2009, la quale ha stabilito la libertà di produzione sovranumeraria nell’ambito della PMA secondo le necessità del paziente, e quindi invalidando e dichiarando illegittima quella norma della legge 40 che diceva che il numero degli embrioni dovesse essere ristretto esclusivamente al numero di tre embrioni. Quindi una gran quantità – oggi vengono indicati in circa 30000 – di embrioni crioconservati congelati il cui destino è un punto interrogativo. Tenete anche conto, per avere un quadro ancor più completo, che quando noi parliamo di embrioni crioconservati, non sappiamo al momento dello scongelamento cosa possa avvenire di questi embrioni. In genere si dice che il 30-35% degli embrioni crioconservati e scongelati non possono essere utilizzati per eventuali possibilità procreative. Cosa aveva pensato il Comitato Nazionale di Bioetica? Aveva pensato ad una possibile adozioni di questi embrioni sovranumerari. Qui voglio dire un attimo una cosa per capirci bene. Si discute molto sul termine adozione e donazione, poi lo vedrò un momento più in particolare. Tenete presente che già parlare di adozione significava in qualche modo violare una serie di disposizioni previste dalla legge 40, perché naturalmente anche nell’ambito di un’ipotesi di adozione degli embrioni sovranumerari, questa tecnica implicava naturalmente per esempio l’eterologa. Quindi implicava un qualcosa che la legge 40 di fatto vietava. Un gruppo di minoranza del Comitato Nazionale di Bioetica in quel parere ritenne che il termine di adozione è un termine improprio, e che era più opportuno parlare invece del termine di donazione. Queste diverse posizioni sono state riprese da quelle normative di cui vi ho parlato in precedenza. Mi soffermo soprattutto sulla normativa Palagiano che parla di adozione, mi riferisco alla normativa dell’onorevole Farina Coscioni che invece parla di donazione. Qual è la differenza di fatto? Perché l’utilizzo di ‘adozione’? E perché no? È evidente che il punto definito centrale di questa differente terminologia che apparentemente potrebbe anche non dare attenzione ma invece è eticamente rilevante, perché nel caso dell’adozione si muove da uno statuto forte dell’embrione e si muove evidentemente dall’idea che l’embrione sia persona, e quindi se l’embrione è persona è difficile immaginare che l’embrione possa essere in qualche modo donato, e quindi è più facile fare un’equiparazione di un embrione-minore, e pensare attraverso questa equiparazione all’idea dell’adozione. Non sarà casuale poi rilevare che in realtà l’istituto dell’adozione civile che in questa vicenda non dovrebbe a mio giudizio personale entrare, perché sono due vicende completamente diverse, poi spiegherò eventualmente perché, perché da una parte abbiamo un embrione e dall’altra parte abbiamo un nato, quindi un bambino che ha ricevuto un trauma profondo nell’ambito dello stato di abbandono, situazione che implica delle attenzioni particolari nel momento dell’adozione, cosa che viceversa potrebbe non essere nel caso dell’embrione che ancora persona non è e che ancora deve comunque nascere, e che comunque traumi in quel momento non ne ha subiti. Però torno a dire, è chiaro che chi muove dall’idea che l’embrione ha come statuto ontologico quello di essere persona fin dal momento del concepimento, è inevitabile che il legislatore pensi all’adozione piuttosto che non pensare alla donazione. Chi invece muove dall’idea che magari l’embrione è un qualcosa di rispettabilissimo, che magari l’embrione non è un mero materiale biologico come potrebbe essere una posizione più radicale, è comunque qualcosa che merita rispetto però può tranquillamente ritenerlo non persona fin dal momento del concepimento, e quindi muovere dall’idea non dell’adozione ma della donazione. È qualcosa che si dona e che si dona verso, nel progetto di legge Coscioni, verso l’ipotesi della procreazione o verso l’ipotesi della ricerca scientifica. Il terzo progetto che ho nominato prima è molto allineato sul progetto Palagiano, anzi ancora più rigido se vogliamo. Il progetto Palagiano ci parla invece di adozione e quindi nessuna ipotesi di una donazione verso la ricerca. Queste sono le due differenze apparentemente forse non importantissime, ma in realtà fondamentali. Però personalmente questa vicenda mi suscita qualche altra perplessità su cui avendo qui la fortuna di avere proprio chi ha proposto questa legge, ed è ancora in discussione e quindi tutto può essere modificato e modificabile, su cui richiamo un momento l’attenzione. La prima è un problema che mi lascia perplesso. Non riesco a capire bene. Il progetto di legge Coscioni fa una differenza tra il momento della donazione a fini procreativi dell’embrione che non è ancora abbandonato, perché nella prima parte si dice che si può donare l’embrione, il che fa presupporre che esista una coppia, un single, chiunque sia, un procreatore genetico di questo embrione – non mi piace chiamarlo genitore perché mi sembra un’anticipazione assolutamente inidonea – il quale lo dona a qualcun altro, a una coppia sterile, a una coppia infertile, non lo vuole portare a nascita, quindi in qualche modo desidera darlo in donazione. Dall’altra parte Palagiano direbbe semplicemente “desidera darlo in adozione”, ma non è questo il problema centrale, il problema centrale è un altro: nel momento in cui questi embrioni vengono considerati in tutti e tre i progetti di legge abbandonati. Allora io penso che una cosa è l’embrione abbandonato, una cosa è l’embrione che non è abbandonato ma i cui procreatori, i suoi naturali responsabili non desiderano portarlo a nascita. Ecco questo è un punto secondo me abbastanza importante, ma perché è importante? È importante perché non dobbiamo dimenticare che in qualche modo coloro che hanno dato vita a questo embrione hanno e potrebbero domani sia nel caso della donazione a fini di procreazione, sia nel caso della donazione viceversa o dell’adozione potrebbero essere richiamati in qualche modo in gioco a seguito poi della nascita del minore. In altri termini anche in questa vicenda si ripropone il problema se poi al minore dovrà essere data una informativa corretta sulle proprie origini. E fino a dove bisognerà dargli questa informativa corretta. Questa vicenda, che è una vicenda che è stata fortemente discussa dal Comitato Nazionale di Bioetica, in entrambe le legislazioni non è presa secondo me nella dovuta considerazione. Cosa avverrà quando ci sarà il bambino nato? Gli si dirà che è figlio genetico di altre persone? E allora questa famiglia genetica non rischia di essere richiamata in causa? Da qui io vorrei che quando si parla di adozione o di donazione si sottolineasse forte il consenso di quella che è la coppia naturale di quell’embrione a dare la sua adesione informata verso un’adozione o verso una donazione per una procreazione. E questo mi sembra sinceramente nell’ambito del contesto legislativo forse mancare tanto dall’una quanto dall’altra parte. Vengo ancora a un’altra osservazione. L’altro problema che va tenuto nel debito conto è il problema che attraverso queste procedure deve essere assolutamente garantito la tutela del diritto alla salute della donna, ma anche qui onorevole come garantirlo questo diritto alla salute? Perché naturalmente la donna che diventerà la madre gestante di questo embrione, be’, le devono essere fornite delle garanzie, la possibilità di venire a conoscenza di situazioni biologiche, genetiche di quell’embrione che metterà al mondo. Ma per venire a conoscenza anche delle condizioni biologiche e genetiche dell’embrione bisogna anche sapere la storia dei suoi procreatori naturali, e sapere la storia dei suoi procreatori naturali anche in questa vicenda quando poi parliamo di embrioni abbandonati diventa molto difficile, perché rintracciare queste famiglie è estremamente complesso, queste famiglie che rinunciano a portare a vita l’embrione probabilmente non desiderano di essere contattate, ed ecco che ancora una volta ritorna importante la volontà della coppia di donarlo o di darlo in adozione. E quindi questo è un requisito che va studiato e tenuto nel debito conto, proprio nell’interesse della madre gestante. Ultimo punto e chiudo, scusandomi del tempo che vi ho portato via: i requisiti per accedere a questa procedura. Io ho letto entrambe le normative, mentre la normativa dell’onorevole Farina Coscioni è molto meno restrittiva, mi stupisce fortemente l’altra di normativa, quella di Palagiano, tanto più perché è evidente che quella normativa muove dal presupposto che lo statuto ontologico dell’embrione è quello di persona. Allora io mi pongo questa domanda: ma se l’embrione è persona, in sé ovviamente la soluzione migliore per l’embrione, ma anche in una visuale del genere di quella “cattolica”, la soluzione ottimale è quella che l’embrione trovi vita, io non capisco perché porre tutte queste limitazioni all’adozione dell’embrione. Ci sono limitazioni in questo disegno di legge che sono più forti delle limitazioni che generalmente vengono poste nei confronti di quelle coppie e di quei single che vogliono accedere all’adozione di un bambino già nato. Ho precisato prima, è giusta la cautela nei confronti dell’adozione perché il bambino già nato potrebbe subire un secondo trauma, ma qui sinceramente si tratta di portare a nascita un embrione che chi ha proposto il disegno di legge ritiene persona, quindi voglio dire, che cosa di meglio di portarlo a nascita? Conclusione di questo: mi pare evidente che si dovrebbe prevedere, qualora dovesse ancora rimanere in vita, nei confronti della legge 40 un’infinità di possibilità alternative che possano andare dall’eterologa, che è implicita nel procedimento, ma anche al single e, vi dico qualcosa di più, muovendo dal presupposto di questa difesa forte dell’embrione perfino (dico perfino perché è vista sempre in modo negativissimo in Europa) alla surroga materna. Ricordo ancora che il progetto di legge dell’onorevole Farina Coscioni affronta tutta una seconda parte che è relativa alla donazione degli embrioni ai fini di ricerca, ricordo ancora che anche su questa vicenda c’è un parere del Comitato Nazionale di Bioetica che mi auguro che qualcuno possa leggere, e dove si è anche qui in questo caso ipotizzata una soluzione alternativa fuori dal comune, cioè di immaginare che vi possano essere dei presupposti per poter considerare dal punto di vista medico-scientifico l’embrione come morto, esattamente quanto avviene per la persona in vita quando noi sappiamo dei criteri di morte che non sono soltanto quelli tradizionali cardiopolmonari, ma sono anche quelli neurologici e quindi cerebrali. Grazie.