POLITICHE DELLA VITA ALL'OMBRA DEL SANTO (Il Manifesto)

<i>Politiche della vita all'ombra del santo.Clonazione, legge sulla procreazione assistita: politica e scienza nel seminario tra «laici e credenti» promosso dalla Fondazione Italianieuropei ad Assisi</i>

<b>30 Gennaio 2003</b> – «Un fruttuoso dialogo sulla vita umana, all'ombra di San Francesco per raggiungere credenti e non credenti mediante sorella tv». Il «Dialogo sulla vita umana», seminario «bioetico tra laici e credenti» promosso dalla fondazione Italianieuropei insieme al Sacro Convento di san Francesco di Assisi e alla Giulio Einaudi editore, ha ottenuto anche la benedizione mediatica del Maurizio Costanzo Show, che gli ha dedicato la puntata di ieri sera, registrata nel convento di Assisi per la prima volta aperto a «sorella tv», come ha spiegato padre Enzo Fortunato (la chiesa, si sa, diffida della scienza ma quando serve usa la tecnologia). Nota a margine: Nel comunicato di lancio del Costanzo Show il dialogo diventa «tra cattolici e laici». Non se ne abbia a male Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma che aveva auspicato l'approdo «a un sistema giuridico accettabile che non offenda i principi fondamentali di ciascuno». Era prevedibile che l'incontro promosso dalla fondazione riformista finisse con l'oscillare come un pendolo tra l'imminenza della guerra all'Iraq – con Casini convinto che «sulla situazione internazionale ci sono ricette diverse, ma qui ad Assisi evochiamo l'obiettivo che è la pace per tutti» – e l'irrealtà della clonazione umana, portato nefasto di una scienza-spettacolo che, ribaltando il metodo inaugurato da Galilei, prima annuncia una possibilità e poi sperimenta. Tra il volo alto di un parterre de roi rigidamente tripartito tra scienza, fede e morale, politica e bisecato tra laici e credenti, l'invocazione di terreni comuni per frenare la scienza onnipotente, i richiami alla libertà (anche di quella ricerca così penalizzata da Moratti) e l'ossessione di trasformare la nuova intesa in norme, codici, regole.

Che l'incontro nasca dall'auspicio «di trovare i fondamenti di un'etica comune» è lo stesso D'Alema a spiegarlo. Dalla mappatura del genoma umano alle cellule staminali, dalla tutela della vita alla ricerca sugli embrioni, dalle terapie geniche alla clonazione terapeutica, sostiene il presidente di Italianieropei, «la politica ha bisogno di raccogliere informazioni e indicazioni dagli scienziati». Ma poi «occorre mettere a fuoco i valori comuni. In un grande paese moderno e civile l'asprezza della dialettica può essere tanto più libera se contemporaneamente si lavora a rafforzare il tessuto dei valori comuni che definiscono una società».

Etica ma anche regolazione pubblica, dunque norme come nel caso della fecondazione assistita, dove abbiamo assistito in questi anni a una gran battaglia politica fatta proprio in nome dei valori, pattinando disinvoltamente sul terreno scivoloso della bioetica e producendosi in mirabolanti esercizi di integralismo neocattolico (e non solo), sbandierando la difesa a oltranza della vita nel disconoscimento della supremazia femminile nella riproduzione. Quando la lingua del diritto e quella dei valori «forti», vanno a braccetto gli esiti non possono essere che pericolose e «trasversali» convergenze, o latitanze. E' successo proprio in un recente passato a Giuliano Amato e a D'Alema in svariate occasioni di trincerarsi dietro una inquietante e generica «libertà di opinione» su materie come l'interruzione della gravidanza…

Con la sua radice greca – bios – ormai declinata in ogni modo possibile e con svariate aggiunte (yogurth incluso), la vita è diventata una parola di gomma buona per tutti i cambi di stagione (politica). Un valore cattolico-laico onnicomprensivo. Agitato anche nelle polemiche recenti (come la «rivolta» degli scienziati) fra comunità scientifica e ceto politico proprio sulla libertà della ricerca e sui poteri della politica nel regolarla e indirizzarla. La pietra dello scandalo è la clonazione. Si va da Casini che guarda con orrore «a ogni forma di manipolazione artificiale della vita», a Cinzia Caporale, del Comitato nazionale di bioetica, che respinge «ordinanze e regolamenti» emanati da «singoli ministri, dirigenti o comitati: per regolare la ricerca occorre nulla di meno di una legge costituzionale, approvata a maggioramza qualificata, a doppia lettura e sottoponibile a referendum.

Chi con la ricerca ha a che fare in laboratorio tutti i giorni prima delle mediazioni ideologiche vede i dettagli che fanno le differenze. Carlo Alberto Redi, direttore del Laboratorio di biologia molecolare dell'università di Pavia, ribadisce alcuni punti fermi già ben noti a lettrici e lettori di questo giornale. Il no alla clonazione umana è unanime nella comunità scientifica, ma va motivato non tanto e non solo con i pericoli per l'embrione, bensì soprattutto con i rischi per la salute della donna. E il biologo mette ancora una volta in guardia dai ripetuti (e falsi) annunci di «fotocopie» e replicanti umani che rischiano però di gettare in ombra una tecnica fondamentale, quella del trasferimento nucleare. Mettere da parte la paura, dunque, ed esaminare le reali possibilità offerte dal progresso della scienza, senza chiudere le porte in primo luogo alla clonazione terapeutica. E Carlo Flamigni taglia corto: «Un clone perfetto è irrealizzabile». E questo perché le cellule umane sono plasmabili da mille fattori, e il risultato finale è influenzato da studio, esperienze, relazioni. Insomma, biografia e non biologia.

<i>di Stefania Giorgi</i>