Caro Augias, il quotidiano Avvenire e altri media chiedono che “quando si parla di dolce morte si lasci la parola anche ai malati, e familiari, che scelgono la vita”. I sofferenti che chiedono la dolce morte e coloro che li sostengono -non chiedono la morte ma la liberazione dalla sofferenza, così come chi rifiuta questa soluzione non chiede in effetti la vita, ma si proclama pronto ad accettare quella sofferenza. Se chiediamo ad uno dei primi cosa pensi dei secondi avremo giudizi improntati al massimo rispetto per quella scelta. Quale risposta danno i secondi? Che per loro quella scelta è un errore. Ma chi può proclamare di voler imporre comunque quella sofferenza? I malati che scelgono per convinzione di voler restare in vita si limiteranno a sostenere le loro ragioni? Oppure pretenderanno che altri soffrano anche se determinati a non volerlo? Una cosa è certa: sano o malato, chi difende la possibilità dì scegliere, difende una libertà di scelta, non l`obbligo di voler morire. Chi invece sostiene di voler difendere la vita, non difende in effetti la vita, ma l`obbligo al dolore.
Giovanni Moschini (giovanni.moschini4@tin.it)
Il ministro Giovanardi, prendendo la parola in un programma Tv, ha affrontato il grave problema di accelerare la morte certa ed inevitabile di un neonato affetto da malattia inguaribile ed in preda a dolori insopportabili, con questo irresponsabile candore: “Finché c`è vita c`è speranza”. Sia chiaro che qui si discute di un tema delicatissimo che nessuno può sottovalutare. In forza della stessa delicatezza però nessuno può mettervi bocca al di fuori del diretto interessato, responsabile della propria esistenza e della sua eventuale fine. Miriam della Croce (miriamdellacroce@tiscali.it) mi scrive: “Su La Stampa del 19 novembre un lettore ha dichiarato: ‘Segnalo a Saviano che l`eutanasia non celebra la vita, ma uccide la speranza, al pari della camorra’.Che l`eutanasia non celebri la vita è un`ovvietà. Saviano però stava celebrando non la vita ma la libertà. E perché l’eutanasia ucciderebbe la vita al pari della camorra? Quale speranza, quella già negata al malato che invoca la fine delle sue inutili sofferenze?”. In questa discussione, che un altro ministro, Sacconi , ha riacceso con la sua odiosa circolare ai Comuni sul testamento biologico, si confrontano due posizioni difformi: l’esercizio della libertà contro l’imposizione di un’ideologia. Nessuno può impedirmi di togliermi la vita se ritenessi di farlo. Eserciterei una mia facoltà insopprimibile. La stessa facoltà devo poterla esercitare – presa ogni possibile cautela contro gesti criminali – per via testamentaria come per ogni mio altro bene. Che io voglia o no, e che continui a volere, è lì la sola questione di rilievo.
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