Diritti civili, ora l’Italia può accelerare

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l’Unità
Carlo Troilo

Da qualche tempo capita di registrare qualche progresso dell’Italia in fatto di diritti civili: un campo in cui il nostro Paese indossa da sempre, nel confronto con gli altri paesi d’Europa, una triste maglia nera, anche a causa della influenza molto maggiore che le gerarchie ecclesiastiche ed i teodem esercitano da noi sui partiti e sul Parlamento. Si tratta di notizie che provengono spesso dalla magistratura, e in particolare dalla Corte Costituzionale ma anche – e con maggiore frequenza negli ultimi tempi – dal nostro pigro Parlamento.

Vien fatto allora di chiedersi da chi viene la spinta a queste riforme, anche se parziali e non sempre entusiasmanti.

La incredibile «primavera dei diritti» (divorzio, aborto, obiezione di coscienza, scuola media unica, servizio sanitario nazionale, statuto dei diritti dei lavoratori ed altri ancora) che fiorì negli anni Settanta ebbe come protagonisti i socialisti ed assieme a loro i Radicali. Esauritosi, per le note ragioni, il ruolo dei socialisti, in campo sono rimasti i radicali, la galassia delle loro associazioni e i pochi loro sostenitori nei maggiori partiti di destra e di sinistra. E questo benché essi non siano più presenti in Parlamento, forse anche per loro «difetti di carattere», certo per la miopia del gruppo dirigente che ha governato il Pd nelle ultime Legislature.

Vediamo i casi più noti. La demolizione della legge 40 è opera della Associazione Coscioni e del suo segretario Filomena Gallo. La legge sul «divorzio breve» ha avuto come attivo sostenitore l’omonima Lega Italiana. In prima linea a difendere la legge 194 contro il proliferare degli obiettori di coscienza ci sono ginecologi radicali come Mirella ParachiniSilvio Viale e Carlo Flamigni. I passi avanti compiuti di recente nella distinzione fra droghe pesanti e leggere e – conseguentemente – nella riduzione del numero di piccoli spacciatori che affollano le carceri sono dovuti in massima parte ai radicali e al loro segretario Rita Bernardini. Sempre alla Associazione Coscioni (sulla spinta del suo co-presidente Gustavo Fraticelli) si devono proposte organiche a favore dei tre milioni di disabili italiani ed anche qualche piccola vittoria sul terreno specifico dell’abbattimento delle barriere architettoniche. I radicali, con la loro dura opposizione in piazza e con i loro scioperi della fame hanno bloccato fino a farla decadere la legge del centro destra – disumana ed incostituzionale – sul testamento biologico che avrebbe fatto dell’Italia l’unico Paese al mondo con il «sondino di Stato». Infine, si deve alla Associazione Coscioni la campagna Eutanasia Legale – ideata a coordinata da Marco Cappato – che ha portato alla presentazione di una proposta di legge di iniziativa popolare firmata da quasi 70 mila cittadini (elettori): una proposta che dopo quasi nove mesi dal deposito in Parlamento e dopo due mesi e mezzo dalla lettera di aperto sostegno inviata a chi scrive dal Presidente Napolitano è ancora ferma sulle scrivanie dei capigruppo di Camera e Senato.

Dunque, c’è un patrimonio di conquiste da difendere (i teodem stanno già cercando, per fare solo un esempio, di rimettere in discussione la fecondazione eterologa) che non può rimanere affidato solo alle scarse forze dei radicali e delle loro associazioni.

Penso che Matteo Renzi abbia oggi la possibilità irripetibile di realizzare nel Pd, al di là delle formule e degli accordi politici e «di potere», la sostanziale unità delle forze politiche laiche e di sinistra, facendo proprie alcune proposte in materia di diritti civili che oggi non sono al centro dei programmi del suo partito ma senza le quali il Pd non potrà amalgamarsi a pieno nel gruppo dei partiti socialisti europei e tanto meno potrà ambire – come i dati elettorali consentirebbero di sognare – ad assumerne la guida.

Un solo esempio: se l’eutanasia non può entrare nei programmi a breve del Pd (che comunque, per rispetto della Costituzione, dovrebbe esigere l’esame delle leggi in materia) almeno Matteo Renzi ponga con forza ed urgenza il problema di una legge sul testamento biologico come quelle che nei Paesi europei, con il consenso delle varie Chiese, regolano felicemente da molti anni le dichiarazioni anticipate di volontà da parte dei cittadini.