Marco Gentili: il mio intervento al Consiglio Generale

foto di Marci gentili al consiglio generale di ALC del 09 marzo 2018

Sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro presso il Senato della Repubblica, Piazza Capranica 72 a Roma.

venerdì 9 marzo, dalle ore 10.30 alle ore 18.

 

Salve a tutti,

partecipo a questo Consiglio e vi ringrazio ancora una volta della presenza da Co-Presidente. Questo appuntamento, che segue direttamente la tornata elettorale e il processo a Marco, ci dà la possibilità di condividere una serie, immagino lunga e molteplice, di riflessioni che ci hanno accompagnato in quest’ultimo periodo.

Direi che è stata messa molta “brace sul fuoco” dall’Associazione Luca Coscioni e nonostante il trambusto di accadimenti forti e significativi, possiamo dire di non aver mai perso di vista la nostra dichiarazione di intenti, quella di concorrere alla realizzazione del bene comune nel rispetto dell’autonomia dei singoli, in piena autonomia decisionale rispetto a ogni condizionamento ideologico, morale o religioso, in regime di pluralismo confessionale e culturale.

Fare riferimento alla strategia di lungo periodo della nostra Associazione politica ma non elettorale, a mio avviso, è molto importante in un momento storico in cui la politica sta subendo una particolare mutazione. Non vi nascondo una certa preoccupazione rispetto al campo in cui dovremmo continuare a giocare “le nostre partite”, senza arbitro e senza spettatori, del mostro settore scientifico, sugli scranni o spalti del Parlamento.

Marco dirà che sono un persistente nichilista ma dopo aver riscontrato tra gli eletti all’uninominale rappresentanti parlamentari come la Binetti, la Lorenzin e Casini, credo che si faccia fatica ad accennare un’espressione ottimistica che, ve lo confido, mi sono sforzato di trasferire scrivendo il messaggio di ringraziamento su facebook ai miei sostenitori.

Quest’ultimi mi hanno effettivamente dimostrato un certo livello di fiducia, se si considera che nel Collegio uninominale Lazio 2 – 02, che comprendeva molti dei Comuni in cui ho promosso il programma e i valori di +Europa, è stato ottenuto il 2,43% in linea con il dato della media nazionale, mentre le percentuali della lista negli altri collegi della Regione Lazio sono stati decisamente più bassi, senza considerare ovviamente l’exploit dei risultati milanesi e di Emma a Roma per il Senato.

A Tarquinia è stato raggiunto il 2,97%, direi massimo storico su tutto il territorio. Inoltre, anche se ho lasciato un po’ più al margine le regionali ho fatto ottenere 144 propensioni alla lista +Europa pro Zingaretti, pari al 1,95% e raddoppiato il mio consenso delle penultime elezioni comunali con 60 preferenze espresse. Anche su Viterbo e provincia, +Europa ottiene la percentuale dell’1,97% arrivando a 78 preferenze su di me, dopo Filippo Rossi che, oltretutto, “concorreva” in coppia.

Non voglio alleggerire a tutti i costi il mio sentimento di amarezza, ho sentito però il bisogno di fare un’analisi oggettiva dei risultati elettorali micro e macro che mi hanno riguardato, considerando anche la condizione di solitudine che in parte ho provato nel cercare di gestire al meglio la mia candidatura, senza un confronto con i vertici e un lavoro di squadra troppo unanime. In questa sede sento di poterlo e doverlo condividere. Detto ciò, ho fatto il mio. Dietro una tastiera ed un monitor.

Appurato questo, cambio tema e condivido ora una riflessione pre-congressuale del prossimo appuntamento a Bruxelles.

Per troppi secoli la Chiesa si è arrogata il diritto di essere la sola ad avere il metro per definire ciò che era vero e ciò che era falso relativamente alla concezione dell’universo. Ben presto, come sapete, i rapporti di forza cambiarono e portarono a far sì che sarebbe stata la Chiesa a dover rincorrere la scienza per spiegare le sue verità senza essere in contrasto con quest’ultima.

Dico questo perché dobbiamo continuare ad essere aperti a tutti e lavorare sulla scia del dialogo e dei principi della nonviolenza. Ecco che dobbiamo quindi continuare in questa prospettiva a rafforzare il patrimonio di Luca Coscioni nella sua più ampia prosecuzione possibile. Anche nella prossima legislatura che, a mio avviso, stenterà a decollare.

La comunità scientifica mondiale ed europea, e quindi democratica, dovrebbe offrire una prassi che sia responsabile e che tenga conto delle conseguenze sociali delle proprie azioni usando la metodologia nonviolenta nella lotta per il riconoscimento di diritti civili e politici.

Solo in questo modo potremo avere una riconciliazione fra “precauzione e innovazione”, dove da un lato c’è il principio di precauzione che viene attivato e mobilitato da chi è contro l’innovazione, dall’altro c’è l’innovazione che deve avere per forza una posizione subalterna e privilegiata. Bisognerebbe usare la precauzione in modo diverso dal solito perché in genere si usa per negare le innovazioni proibendo a prescindere, mentre non dovrebbe intervenire contro la scienza ma, sempre per mio e nostro conto, con responsabilità, deve instaurare un dialogo lasciando spazio ai processi di rinnovamento.

Come viene ricordato dal professor Claudio Radaelli, Direttore del Centro per la Governance europea, citando Mahatma Gandhi e Aldo Capitini, la Nonviolenza ci pone delle domande definendo una relazione tra mezzi e fini: i mezzi sono il seme mentre gli obiettivi sono i frutti, e se nell’etica di solito si parte dagli obiettivi finali, per la scienza la cosa più importante è la prassi. La Nonviolenza è un tragitto fatto di domande e curiosità, e può essere sia freno che acceleratore; non è un codice rigido ma una prassi, dove il suo valore sta tutto nel percorso e non sul traguardo, dunque è soprattutto utilizzabile come metodo di libertà e pluralismo.

Inoltre è ben garantito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e dal Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, con specifico riferimento all’articolo 15 di quest’ultimo, la necessità per tutti i popoli di poter godere delle finalità del progresso e della ricerca scientifica e il diritto per tutti di prendere parte alla vita culturale.

A riprova di ciò, si può citare anche l’assunto dell’UNESCO dove si riconosce “che la ricerca sul genoma umano e le sue conseguenti applicazioni aprono ampie prospettive per migliorare la salute delle persone e dell’umanità in generale, ma sottolineando che questa ricerca dovrebbe rispettare pienamente la dignità umana, la libertà e i diritti umani, così come la proibizione di tutte le forme di discriminazione”, ponendo l’accento su tutti gli uomini e i popoli che vivono in condizioni di povertà ed emarginazione.

Gli uomini di scienza possono e devono adoperare le tecniche della Nonviolenza come la disobbedienza civile per opporsi a leggi e regole ingiuste perché è il primo passo per tirare fuori la capacità di riflessione.

Buon proseguimento e ancora grazie per l’ascolto!