«Cannabis non più riconoscibile adesso regole come per l’alcol»

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Il Mattino Napoli
Maria Chiara Aulisio

Stefano Vecchio, direttore dell’Unità operativa complessa dipendenze della Asl Napoli 1, a parte l’amnèsia, e gli effetti devastanti che rischia di provocare su chi la fuma, parla più in generale dei cambiamenti che stanno avvenendo nel mercato della cannabis da cui talvolta dipendono le gravi alterazioni psico-fisiche registrate sui consumatori. Soprattutto quelli non abituali, meno esperti, troppo spesso ignari delle conseguenze.

In che modo si sta modificando il mercato della cannabis?

«Sta cambiando la concentrazione dei principi attivi».

Che cosa vuol dire?

«Che gli effetti che provocano su chi ne fa uso sono molto più potenti e dirompenti di prima».

Come si fa ad aumentare la concentrazione dei principi attivi ?

«È molto semplice, basta coltivarla in maniera diversa. Ma il problema è un altro».

Qual è?

«Che alla fine non si capisce più nulla. Sono tali e tante le modifiche sulla cannabis che, in assenza di analisi, è quasi impossibile capire di che cosa si tratta».

Ma l’amnèsia che cosa è?

«Questo è il punto. Rientra ancora in una categoria indefinita. C’è chi dice che ci sarebbe del metadone, chi dell’eroina… Tutto piuttosto strano».

Strano perché?

«Il metadone ad esempio è un oppioide che non modifica lo stato di coscienza. A provocare scompensi così devastanti, come quelli registrati sui tre ragazzini napoletani, sono piuttosto gli allucinogeni che in soggetti predisposti possono scatenare effetti psicoattivi particolarmente forti».

Che cosa si può fare?

«Analizzare la sostanza per capire di che cosa si tratta. Sotto il nome di cannabis e amnèsia può nascondersi di tutto. Anche i cannabinoidi sintetici, i più pericolosi con la cannabis modificata».

Perché?

«Dal punto di vista chimico sono diversi dalla cannabis ma si legano agli stessi ricettori del cervello scatenando effetti più potenti e meno conosciuti. Talvolta provocano addirittura le convulsioni. È chiaro che gli effetti più dirompenti si registrano sui giovanissimi, sulle persone meno esperte che rischiano di trovarsi in difficoltà».

Come si affronta il problema?

«Con un sistema di regolamentazione attraverso il quale lo Stato stabilisce che cosa si può fare e che cosa no. L’unico modo per ridurre i rischi. D’altronde abbiamo regolamentato l’alcol, perché non possiamo farlo anche con la droga?».

Liberalizzazione, dunque?

«No. Non liberalizziamo proprio niente. Cerchiamo di essere più laici che ideologici: la proibizione non ha dato i risultati attesi, anzi c’è stata una moltiplicazione delle sostanze sempre meno controllabile, proviamo a cambiare rotta. Magari funziona. Se poi non va si può sempre tornare indietro».